Un orsetto e la mano del papà così Celeste riprende le cure

Lei piangeva, lui le è stato vicino mentre si addormentava durante la trasfusione di cellule: "Sta bene". Ora la bimba può tornare a sperare

Sono da poco passate le undici quando Celeste entra in corsia con il suo peluche preferito. Ha un po' di paura, come tutti i bambini del mondo. Le due iniezioni di staminali sono pronte. Fuori i corridoi, i camici bianchi, i complimenti, un palloncino per farla sorridere, le lacrime alla prima puntura. È una bambina di due anni e mezzo, uno scricciolo, e quasi sicuramente tutto questo se lo ricorderà per sempre. Con lei c'è il papà Gianpaolo, le sta vicino tutto il tempo, entra nella stanzetta, si mette accanto al suo lettino e le tiene la mano. E così, mentre si guardano, lei si addormentata e i dieci minuti di trasfusione passano in un attimo.
Si parte, il primo grande passo per Celeste ricomincia da qui, dall'ospedale civile di Brescia. «È andato tutto bene come al solito, lei è tranquilla, è la cosa più importante», Pierpaolo ora è più rilassato. «C'era emozione, preoccupazione, tensione, ma qui ci hanno accolto come sempre nel migliore dei modi, anzi ancora meglio del solito». Intorno a loro un clima da guerra fredda, dove si combatte una battaglia su due fronti, quella per le staminali e quella con una procura che indaga. È qui a Brescia, tra ricorsi, indagati e contro ricorsi, che la prima grande conquista della famiglia Carrer, si tocca con mano. Loro, che hanno fatto un esposto perché la figlia potesse riprendere le cure, hanno strappato un primo sì (anche se dovranno aspettare fino a martedì per il verdetto finale). Oggi però, tutto questo sa davvero di piccola vittoria quando la loro macchina scura si ferma davanti alla sbarra d'ingresso dell'ospedale. Fuori ci sono i giornalisti e i fotografi. Il loro caso è diventato famoso, la bimba malata di atrofia muscolare spinale trattato con le staminali sta dividendo. Il suo è il primo caso in Italia e nel mondo. Per questo la terapia di Celeste fa litigare e arrabbiare.
Celeste ricomincia a sperare da qui, da questa sbarra che si alza e porta dritta al laboratorio dove sono pronte per lei le staminali prese dalla mamma, le uniche, a sentire i medici a darle speranza di vita. C'è tensione e speranza insieme sul volto di questi due genitori. C'è lo sguardo un po' preoccupato e in ansia di una mamma sulle spine. E però c'è anche tanta gratitudine perché sa bene che qui e oggi, la sua bambina è stata fortunata.
«Finalmente Celeste ha potuto ricevere una terapia salvavita», dice il dottor Marino Andolina, il pediatra che l'ha avuta in cura per primo e che l'ha accompagnata anche oggi. «L'infusione di cellule sono innocue, l'infusione per endovena dura tra i cinque ed i dieci minuti, quella lombare pochi secondi. È una terapia in regime ambulatoriale». Anche Andolina è uno degli indagati dalla procura di Torino. «Ma vado avanti, non ho paura perché so quello che faccio. È una medicina di frontiera, come nel 1984 quando iniziai per primo a fare i trapianti di midollo sui bambini. Molti ci criticavano, ma abbiamo abbattuto la mortalità». Eppure si vede che questo pediatra abituato a vivere in prima linea, che si è messo in gioco fin dai tempi della guerra nei Balcani per gli interventi umanitari tra le bombe, è preoccupato. «Ci sono decine e decine di pazienti che aspettano le cure per malattie gravi che con le staminali si potrebbero curare, ma bisogna fare presto». Ma ci vuole tempo per le terapie nuove, per essere accettate, condivise, provate. Oggi è ancora tutto fermo allo stadio sperimentale. Sono molti i medici che non credono, che vedono nelle staminali una maledizione. A complicare poi, dall'altra parte, c'è l'inchiesta di Guariniello, il pm di Torino che pende sulle teste di 13 indagati, tra cui il presidente di Stamina, la Onlus che fornisce cellule staminali a Celeste, per questo sei mesi fa le avevano interrotto le cure.


Ecco, Celeste è esattamente in mezzo; inconsapevole e ignara, ma sfortunatamente coinvolta. Schiacciata dalla malattia e dai tempi della giustizia. Da un lato il sacrosanto diritto alla salute e dall'altro l'imprescindibile dovere della giustizia. Ma lei, almeno oggi, ha festeggiato una piccola vittoria.

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