CannesTira brutta aria nel settore del lusso, e in particolare nel comparto della nautica e del turismo da diporto, colpiti e affondati dai tentacoli di un fisco impazzito. L'accanimento terapeutico cominciato nel dicembre scorso con il decreto «Salva Italia» non accenna ad allentare la morsa. E l'agonia di un intero settore si allunga, dolorosa più che mai.
Il balzello che prevedeva un introito extra per lo Stato di 115 milioni tondi, in realtà ha prodotto un gettito effettivo, al lordo delle notevoli spese di riscossione, di circa 23 milioni. Un flop, a dimostrazione che la politica delle stangate non paga.
Non c'è pace per la nautica che proprio ieri a Cannes ha inaugurato la nuova stagione 2012-2013. La guerra agli evasori in realtà è un gioco al massacro. Sono scappati tutti, ladri e onesti. «Non ho più voce - dice Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina-Confindustria Nautica - Abbiamo accettato la tassa di possesso, non siamo mai stati contrari, ma non approviamo il metodo dei controlli. È assurdo che nell'arco di una stagione si facciano quattro controlli e oltre sulla stessa imbarcazione. Da tempo invochiamo invano un registro telematico, come per le automobili. Ora il vaso è colmo, se ne vanno tutti. E i nostri porti continuano a svuotarsi. Assistiamo impotenti a una indiscriminata caccia alle streghe».
L'esodo era iniziato nel gennaio scorso, dopo lo spauracchio della «tassa di soggiorno», tanto assurda quanto ridicola, trasformata poi in tassa di possesso. Ma i buoi - 35mila barche - erano già scappati. Proprio in gennaio si erano avute le prime avvisaglie con la disdetta del 40% del posti barca. E il danno per l'economia del mare nostrana è ingentissimo. Un calcolo approssimativo (per difetto) parla di un miliardo tondo svanito nel nulla. Anzi, regalato ai nostri concorrenti. Se teniamo buona questa cifra, quanto ha perso lo Stato solo in termini di Iva? Ma non basta se è vero, com'è vero, che la politica del rigore ha bruciato altri 20mila posti di lavoro.
«In Italia - aggiunge un imprenditore del comparto - non è più possibile lavorare. La nautica è al quinto posto nella classifica del nostro export. Trattare in questo modo chi lavora nei settori del lusso significa non aver capito niente. Si mortificano le nostre eccellenze, si crea ulteriore disoccupazione, si fanno morire le aziende e si dà uno schiaffo al Pil. Conosco colleghi che stanno pensando seriamente di cambiare aria». Che significa delocalizzare.
Più che caccia all'evasore, quindi, è in atto la guerra alla ricchezza. Risultato: i ricchi continueranno a ridere, i poveri - vale a dire quei 90mila superstiti che lavorano ancora nel settore e non sanno fino a quando - continueranno a piangere. Anche il presidente di Assomarinas, Roberto Perocchio, non sa più che santo pregare e sbotta: «I nostri clienti sono smarriti, disorientati. Ci sarà pure qualche furbetto ma nei nostri porti arrivano persone perbene che distribuiscono ricchezza sul territorio.
Un dato su tutti: gli ormeggi in transito nella sola Liguria sono crollati del 75% rispetto all'estate 2011.
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