
Ha lavato, asciugato e baciato i piedi dei ragazzi. Inginocchiato a terra. Per sei volte Papa Francesco si è prostrato davanti ai minorenni reclusi nel carcere di Casal del Marmo. I giovani che chiedono di diventare «uomini e donne migliori». Dodici adolescenti, di cui due musulmani e due ragazze. Loro in prima fila, il Papa che si avvicina e si inginocchia ai loro piedi. Un'immagine che ha commosso tutti i centoventi presenti alla messa In coena domini, celebrata da Bergoglio eccezionalmente nel penitenziario minorile. Accompagnata dai canti alla chitarra, che per tutta la messa hanno assecondato gli atti del Papa. Alla fine i doni: Francesco porta uova di Pasqua e colombe per tutti. I ragazzi gli consegnano un inginocchiatoio e un crocifisso in legno, realizzati apposta per lui. Lo salutano con un grande applauso: i giovani, i volontari, la rappresentanza del personale. Nessuna diretta televisiva, la cerimonia è un insieme di voci, quelle del Papa, dei ragazzi, e del coro, trasmesse da Radio Vaticana.
«Perché sei venuto qui da noi?», gli chiede un ragazzo con un accento arabo al termine della celebrazione, nell'incontro in palestra. «Perché volevo andare da chi mi aiutasse di più ad essere servitore - la risposta di Francesco - Mi è venuto dal cuore, e la cose che arrivano dal cuore non hanno spiegazione. Grazie. Le cose di oggi mi aiuteranno a esse un umile servitore, come deve essere un vescovo». Anche la mattina, a San Pietro, aveva insistito su questo, con un appello ai sacerdoti: «Siate pastori tra la gente».
Salutando i ragazzi di Casal del Marmo, il Papa ha ripetuto le parole già dette in piazza San Pietro: «Non vi fate rubare la speranza. Capito? Avanti. Sono felice di essere qui con voi. Grazie tante. Pregate per me. E sempre avanti!».
Poco prima, un'omelia breve, per dire che Gesù ha dato l'esempio. Lavare i piedi significa che chi è più alto, «più importante» deve «essere al sevizio degli altri». Lavare «i piedi significa: io sono al tuo servizio. Non è che dobbiamo lavare i piedi tutti i giorni l'uno all'altro, ma aiutarci l'un l'altro». E poi una confessione su se stesso, con un invito a mettere da parte la collera, a perdonare: «Delle volte mi sono arrabbiato, poi ho detto, ma lascia perdere, e se quella persona ti chiede un favore fallo. Aiutarci l'un l'altro è quello che Gesù ci insegna». Sempre su se stesso: «Lo faccio di cuore, perché e il mio dovere come prete e come vescovo, amo questo dovere che mi viene dal cuore e amo farlo perché il Signore così ci ha insegnato. Anche voi, aiutatevi sempre, e così aiutandoci ci faremo del bene». L'invito ai ragazzi è questo: «Pensare», durante la cerimonia, «ciascuno di noi: io davvero sono disposto a servire e aiutare l'altro? Ciascuno pensi quello soltanto». E pensi «che questo segno è una carezza di Gesù, perché Gesù e venuto proprio per questo, per servire e aiutarci».
Al quartiere di Boccea, alcune migliaia di persone hanno aspettato Papa Francesco assiepate sui marciapiedi, fino a un chilometro prima dell'ingresso del carcere minorile. «Sembra di stare a un Gran Premio», commentavano i tassisti, mentre poco distante dal cancello d'ingresso sono arrivati i radicali, guidati da Marco Pannella. Non per protestare, ma per ringraziare Francesco per la sua «attenzione per le carceri», nota «da tempo e che oggi si conferma. Nel 2000 di fronte alla situazione drammatiche delle carceri argentine chiese un'amnistia ampia e generosa per le migliaia di immigrati irregolari in carcere o che rischiavano la detenzione».
Un grazie al Papa anche dal ministro della Giustizia, Paola Severino: «La sua visita - si è rivolta al Papa - completa un percorso iniziato per me a Rebibbia con Benedetto XVI. Quando ha baciato i piedi» dei ragazzi «ho visto tanto amore nei suoi occhi». E una delle sue parole più belle è «custodire», un significato che deve animare il lavoro a Casal del Marmo.