Mentre in Italia il Ponte sullo Stretto resta appeso agli umori e alle scartoffie della Corte dei Conti, nel resto del mondo Webuild (capofila italiana con il 45% del consorzio che realizzerà la grande opera) costruisce ponti veri. E lo fa da protagonista, con opere che sono diventate simboli di progresso e ingegno umano. Il Third Bosphorus Bridge di Istanbul, lungo più di due chilometri e tra i più grandi ponti sospesi al mondo, unisce Europa e Asia con una leggerezza ingegneristica che sfida le correnti del Bosforo. In Romania Webuild ha realizzato il Ponte di Braila sul Danubio con una campata di 1.120 metri, il secondo ponte sospeso più lungo d’Europa. Lo stesso si può dire per il Ponte Rosario-Victoria in Argentina, un altro simbolo di eccellenza. Negli Stati Uniti, Webuild è impegnata nell’ampliamento dell’Interstate 85 in Carolina del Nord e nella I-275 in Florida, infrastrutture essenziali per la rete logistica del Paese. E poi ancora le dighe monumentali come la Grand Ethiopian Renaissance, che garantisce energia pulita a decine di milioni di persone.
All’estero, dove le procedure sono snelle e la visione strategica prevale sulla burocrazia, Webuild trasforma in realtà ciò che altrove resta intrappolato nei faldoni. Lì i progetti diventano cantieri e i cantieri diventano infrastrutture che cambiano la vita delle persone: ponti che uniscono rive e comunità, linee ferroviarie che accorciano distanze, dighe che portano energia e futuro. È la dimostrazione di come, in contesti che premiano la competenza e non la burocrazia, l’ingegneria italiana riesca a esprimere tutto il suo potenziale.
Eppure il cuore del gruppo batte forte anche in Italia, dove Webuild è protagonista di una stagione infrastrutturale che attraversa l’intero Paese. Dai grandi collegamenti ferroviari e autostradali alle metropolitane urbane, fino alle opere portuali e idrauliche, l’azienda è presente nei cantieri che stanno ridisegnando la geografia della mobilità e della sicurezza. La Nuova Diga Foranea di Genova, il Quadrilatero Marche–Umbria, la Linea C della metropolitana di Roma, la stazione Capodichino della Linea 1 di Napoli sono solo alcune delle opere simbolo di un impegno che unisce innovazione e capacità esecutiva.
Ogni ponte, ogni galleria, ogni tratta ferroviaria completata rappresenta un passo avanti per il sistema Paese: più connessioni, più sicurezza, più competitività. Costruire infrastrutture significa trasformare il tempo in produttività e l’isolamento in sviluppo, rendendo l’Italia un Paese più integrato e sostenibile.
Nel Mezzogiorno, questo sforzo assume una portata strategica. Qui Webuild guida 19 grandi progetti, con oltre 8.700 persone impegnate tra dipendenti diretti e indotto e una filiera di 7.600 imprese coinvolte, per un valore complessivo di circa 15 miliardi di euro. Le nuove linee Alta Velocità Napoli–Bari e Salerno–Reggio Calabria, la Strada Statale Jonica 106, la Ragusa–Catania sono infrastrutture destinate a cambiare il volto del Sud, connettendolo ai grandi assi europei e rilanciandone il potenziale economico. In questi cantieri prende forma un modello industriale che non delocalizza, ma genera valore in tutto il Paese, investendo in robotica, intelligenza artificiale e formazione di giovani tecnici e ingegneri.
Mentre in Italia il Ponte sullo Stretto resta fermo tra mancate registrazioni, ricorsi e nuove interpretazioni normative, l’azienda - che di ponti ne ha costruiti decine in tutto il mondo - si trova oggi esposta non solo alla complessità delle leggi edilizie, ma anche alla loro applicazione ondivaga. È un paradosso tutto italiano: il gruppo che altrove realizza in pochi anni infrastrutture da record deve qui confrontarsi con un sistema che spesso confonde la tutela con l’immobilismo.