Il partito "Repubblica" in Europa coi comunisti

Lista Tsipras, passo indietro di Ovadia e Spinelli: seggio al giornalista Maltese, insieme a due esponenti Sel e Prc

Il partito "Repubblica" in Europa coi comunisti

Roma - Alla fine è stata davvero un'«impresa difficile, ma necessaria», come l'aveva definita il professor Stefano Rodotà, uno degli elettori eccellenti. Magari pure un «miracolo» e un «risultato eccezionale», per come si erano messe le cose e per come esultano i pochi davanti all'inatteso 8 per cento raggiunto in Val d'Aosta e in alcune grandi città. Ma la lista Altra Europa per Tsipras è rimasta una sorta di «dovere civico» cui tanti si sono sottoposti, spesso facendo violenza a sé stessi. Dunque con entusiasmo al minimo, quasi turandosi il naso, promettendo di cedere subito la poltrona.

Così è stato, e superata d'un soffio (lo 0,03) la soglia di sbarramento, la lista del barbaros Tsipras porta a Bruxelles tre eurodeputati. I più votati, Moni Ovadia (Nord-Ovest) e Barbara Spinelli (Centro e Sud), dopo aver prestato volti, saggezza e popolarità, lasciano il posto a Curzio Maltese, giornalista della Repubblica, Marco Furfaro ed Eleonora Forenza. L'età ha un peso, ed entrambi avevano dichiarato di non ritenersi più in grado di portare avanti il lavoro parlamentare.
Ma non era certo questo lo scopo della lista Tsipras, che ha sicuramente beneficiato del traino del trionfatore delle elezioni greche. Riuscendo a farcela, pur non avendo certo brillato nella campagna elettorale. Complice il «muro di silenzio dei media», rotto soltanto in una sconcertante occasione: quella del culo mostrato dalla portavoce Paola Bacchiddu su Facebook, che ha infastidito non poco i «garanti» della lista, al punto - denuncia lei ancora una volta in modo sconveniente - di essere stata «demansionata». «Mi hanno fatto sapere che la mia presenza non era più gradita... Eppure il mio culo è servito a far circolare il nome della lista, è stato un volano», dice la Bacchiddu in un'intervista nella quale spara a zero sulla Spinelli.

A suo modo, episodio minimo che può però far riflettere sui problemi che hanno attanagliato e affliggono ancora la pattuglia variopinta e assai scarmigliata, priva di filtri e spesso spontaneista oltre il limite della sconclusionatezza, che si è raccolta attorno al nucleo di Alba (sessantottini d'antàn). Eppure il giorno dopo, tirato il bel sospirone di sollievo, alla singolare compagnia si ripropone ancora una volta, quasi come maledizione di Tutankamon, la domanda cardine fin dai tempi di Lenin: «Che fare?» I problemi sembrano in numero proporzionale ai protagonisti. Per la Spinelli «Renzi è la nuova Dc e il Pd ha preso una gran quantità di voti di destra, sgominando gli alleati, divorandoli», tesi condivisa da Ingroia. Ora perciò occorrerebbe «costruire con i grillini un fronte ampio e popolare» (vecchio pallino della Spinelli). Eppure il nocciolo duro dei voti andati a Tsipras, quelli di Sel, sembrano guardare piuttosto alle sirene provienienti dal Pd, dove ora anche Cuperlo chiede di «riaprire un cantiere a sinistra con quelli di Tsipras, per allargare i confini: è il tempo di una nuova grande forza della sinistra italiana che sta nel Pse».

E se Nichi Vendola invece critica il «linguaggio da licantropo» di Grillo, cui gli italiani «hanno voluto dare una lezione», i suoi due «vice» ben rappresentano l'anima bifronte di Sel: Fratoianni incarna l'opzione movimentista, Migliore quella governista. Niente paura, però: presto spunteranno altre correnti.

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