Il pasticcio storico tra confindustria e sindacati

Metà dei ricorsi e delle contestazioni cadono. Ma la Fiom può sedere nelle rappresentanze sindacali delle aziende in cui non ha firmato l'accordo

Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi
Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi

L'accordo tra la Confindustria con Cgil, Cisl e Uil sulla rappresentanza sindacale, definito, con un'enfasi eccessiva, come « storico» risponde, in realtà, al quesito domenicale fatto dalla perpetua al prete mentre celebrava la messa in latino, circa il modo di cucinare il pollo, per il pasto di mezzogiorno. Lui rispose, «mezzum a lessum, mezzum arrostum» e chiuse con «Pater nostrum». Ciò riguarda Maurizio Landini, capo della Fiom. Infatti metà dei ricorsi giudiziari e delle contestazioni da lui organizzate, da ora in poi cadono, perché anche chi non ha firmato l'accordo aziendale deve accettare il contratto. Ma Landini vince per l'altra metà, perché la Fiom può sedere nelle rappresentanze sindacali delle aziende in cui non ha firmato l'accordo, attuando così strategie di opposizione e di governo. Fiat, d'altra parte, ha di fronte un'analoga scelta: può sperare di addomesticare la Fiom, ma rischia di doverne subire le contestazioni nella rappresentanza aziendale. Quanto a Susanna Camusso, leader di Cgil, resuscita le Rappresentanza sindacale unitaria, la famosa Rsu, con Cisl e Uil, più un sindacato ex An, e ciò rafforza il suo potere contrattuale, ma accetta il rischio che Landini possa scalzarla dalla segreteria generale del sindacato. Confindustria fa fare un passo avanti ai contratti aziendali nella firma, ma anche uno indietro nella loro attuazione, perché i vari Landini aziendali possono sedere nella rappresentanza di fabbrica e piantare grane in sede applicativa. Inoltre, a me sembra che questo accordo sia molto pasticciato. Espongo i dubbi in cinque punti. Innanzitutto, come si interpreta la clausola per cui solo i sindacati con almeno il 5% di rappresentanza tra i lavoratori potranno fare la trattativa? In un'interpretazione di buon senso, il 5% dovrebbe riferirsi agli addetti dell'impresa a cui si riferisce il contratto aziendale in oggetto. Ma può darsi si pensi che il 5% riguardi tutti i lavoratori delle imprese aderenti a Confindustria, soggette al contratto di una data categoria. Inoltre, a quale periodo si riferisce il calcolo? E poi, la soglia del 5% si applica a tutti i lavoratori o solo agli iscritti ai sindacati? Secondo punto: il modo stabilito per calcolare la clausola. Lo si farà sulle trattenute sindacali in busta paga, ma queste si fanno solo per i sindacati che hanno firmato i contratti nazionali. I sindacati che non li hanno firmati sono esclusi a priori. Terzo: l'intesa vincola tutti i lavoratori dell'azienda, anche se solo la maggioranza lo approva. Ciò è logico perché un'impresa ha diritto a gestire un solo contratto, nella singola azienda, per evitare il caos organizzativo. Ma la conseguenza che se ne è tratta per le rappresentanze sindacali aziendali è contraria alle norme degli articoli 1.362 e 1.366 del Codice civile che riguardano l'interpretazione sulla base dell'intenzione dei contraenti e di buona fede. Chi non ha firmato il contatto non ha espresso la volontà che serve a interpretarlo, e la regola dell'articolo 1.362 salta. Inoltre, come può avere buona fede chi, non avendo firmato l'accordo perché non lo riteneva conveniente, lo vuole interpretare? Il quarto punto critico riguarda l'anomalia per cui i lavoratori che non sono stati rappresentati nella trattativa e che sono obbligati a eseguire il contratto, non avrebbero rappresentanti aziendali che lo interpretano. Invece li avrebbero i lavoratori i cui sindacati hanno trattato, ma non firmato l'accordo. La contraddizione può essere sanata solo stabilendo che coloro che non sono iscritti a sindacati o iscritti a organizzazioni con meno del 5%, hanno diritto a eleggere un loro rappresentante aziendale. Quinto e ultimo tema di perplessità: come si approva, a livello aziendale, il contratto? Stando al protocollo d'intesa, non si richiede il referendum per ritenerlo valido. Certo ciò semplifica le cose. Ma non è stato chiarito quali siano gli altri metodi per far sapere se i lavoratori sono in maggioranza d'accordo.

E ciò, soprattutto, quando in un'azienda ci sia una buona quota dei lavoratori non rappresentata da sindacati che hanno partecipato alla trattativa. È un punto molto delicato, perché in tal caso non si sa nemmeno indirettamente che cosa pensa la maggioranza.

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