Roma - La volontà di rinviare il pagamento della rata primaverile della Tasi c'era, anche perché incombono le elezioni e il conto sarà talmente salato da fare dimenticare il bonus da 80 euro in busta paga. E infatti ieri in tarda serata il governo ha rotto gli indugi e, dopo un incontro tecnico (quello tra il ministero dell'Economia e l'Anci, l'associazione dei Comuni) e vari contatti politici, il dicastero di via XX settembre ha annunciato che la rata Tasi è stata rinviata a settembre. Ma solo per i comuni ritardatari.
Il governo aveva proposto il rinvio del pagamento della rata del 16 giugno per tutti, ma i sindaci hanno spiegato che così si ritroverebbero senza risorse in cassa e alcuni non riuscirebbero nemmeno a pagare gli stipendi. Il governo avrebbe dovuto anticipare ai sindaci circa due miliardi di euro. Per questo è stata scelta la soluzione di compromesso indicata dall'Anci: un doppio regime.
Per le amministrazioni che hanno già fissato le aliquote rimane ferma la scadenza di giugno. Per quelle che entro il 23 maggio non avranno deliberato le aliquote, la scadenza è rinviata a settembre; tenendo fermo l'obbligo di fissare le aliquote entro il 31 luglio. Facile immaginare che tutti i Comuni approfitteranno del rinvio. Soprattutto quelli nei quali si vota il 25 maggio.
Lo slittamento dei termini serve anche al governo centrale; utile a limitare i danni (in termini di consensi) di una tassa che costerà ai contribuenti sicuramente più del 2013, ma in molti casi anche del 2012. Uno studio della Uil ha evidenziato come la Tasi aumenterà in 12 capoluoghi, sui 32 che hanno già deliberato. Le città dove il conto è già salito sono Bergamo, Ferrara, Genova, La Spezia, Macerata, Mantova, Milano, Palermo, Pistoia, Sassari, Savona e Siracusa. L'effetto è assicurato: una neutralizzazione dell'effetto del bonus Irpef da 80 euro, ha spiegato il responsabile politiche fiscali Guglielmo Loy. Poi c'è la tassa occulta, cioè i disagi ai cittadini per l'incertezza e il caos. «Un ginepraio di aliquote e detrazioni diverse», si rischia di avere «oltre 75mila combinazioni di applicazione dell'imposta».
«I Comuni si lamentano delle modifiche nella normativa. Ma loro dispongono di legioni di impiegati. Il povero contribuente, all'imposta deve aggiungere le spese di Caf e professionisti e deve lavorare per avere i mezzi per pagare», ha commentato Confedilizia.
Sul conto dei cittadini, poi, non ci sono solo le nuove tasse sulla casa, ha ricordato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. «Un dato è sicuro: con Berlusconi nel 2011 il gettito derivante dalla tassazione sulla casa (esclusa la prima) ammontava a poco più di 9 miliardi di euro. Nel 2012, con l'Imu di Monti, i miliardi sono diventati 24 e quest'anno il pasticcio Letta-Renzi porterà un gettito da tasse sulla casa, comunque denominate, fino a 35 miliardi. Un aumento di oltre 25 miliardi in soli 3 anni». Poi, c'è «l'aumento della tassazione sul risparmio dal 20% al 26% voluta da Renzi, ne deriva una patrimoniale di fatto pari a quasi 30 miliardi di euro. Grazie Monti, grazie Letta, grazie Renzi».
Per una partita che si complica, una schiarita sul fronte del decreto casa. Ieri la Camera ha votato la fiducia posta dopo le difficoltà della settimana scorsa. I sì sono stati 324, i no 110. Alla notizia i «movimenti per la casa» (cioè gli autonomi) hanno bersagliato Montecitorio con uova.
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