Roma - Uscire dall’euro? Perché no? E poi basta stare supini al cospetto della Merkel. Davanti a circa 150 pidiellini tra deputati, senatori ed europarlamentari, Berlusconi invoca un «coniglio dal cilindro». E lo tira fuori, nella riunione del gruppo a Montecitorio, nella cosiddetta «auletta» che però è una sorta di piccolo auditorium. Il Cavaliere torna in prima linea e strappa applausi scroscianti quando parla di un cambiamento di linea dell’esecutivo: «Monti deve riprendere da dove avevamo lasciato e cambiare la sua linea politica. Dobbiamo andare in Europa a dire con forza che la Bce deve iniziare a stampare moneta. Così cambia l’economia». Gli azzurri annuiscono. «La Bce deve cambiare la propria missione, deve diventare il garante di ultima istanza del debito pubblico e cominciare a stampare moneta. Altrimenti, in caso contrario, dovremmo avere la forza di dire “ciao ciao euro” e cioè uscire dall’euro restando nella Ue o dire alla Germania di uscire lei dall’euro se non è d’accordo». Un battimani liberatorio scuote il partito, desideroso che il nostro Paese mostri i muscoli di fronte ai diktat tedeschi.
Parlano Gasparri, Brunetta, Matteoli. Quest’ultimo chiede addirittura di mollare Monti: «Fa il contrario del nostro programma. E poi quest’alleanza col Pd è innaturale». Brunetta calca la mano sul ruolo della Bce. E Berlusconi spiega il suo ragionamento: «La crisi economica non è risolvibile dal nostro interno - dice amaro, ventilando, qualora Berlino restasse sulle sue posizioni oltranziste, l’ipotesi di uscire dall’euro - la Gran Bretagna è un Paese solido e non è mai entrato nell’euro. E se noi dovessimo uscire dall’euro, non mi sembra sia la fine del mondo». E ancora: «La mia pazza idea è che la Banca d’Italia stampi euro oppure stampi la nostra moneta. Vi invito ad approfondire questo spunto». La sortita di Berlusconi poggia su una considerazione grave: «Non ricordo nella mia vita un momento più difficile di questo. La gente è davvero sfiduciata, è sotto shock per come viene descritto il futuro. Quale mossa può cambiare la spirale recessiva?». E ancora: «Il momento è grave, c’è grande sfiducia tra la gente, anche le bufere che hanno investito il calcio e il Vaticano non aiutano il clima».
I suoi annuiscono, ascoltano quella che è ancora la guida del Pdl. Ci sono tutti i big: Alfano, Gasparri, Cicchitto, La Russa, Verdini, Lupi, Crosetto, Brunetta, Matteoli, Gelmini, Carfagna, Ghedini e molti altri. Sul suo futuro, ai pidiellini dice: «Sono a disposizione come allenatore: se mi vorrete ancora non mi tirerò indietro». Poi svela: «Sono a disposizione ma non come presidente della Repubblica, né come premier».
Sul partito, invece, cerca di infondere ottimismo: «Non credo che la sinistra abbia la vittoria in tasca. I moderati non devono consegnare alla sinistra il paese. Chi lo facesse si assumerebbe una gravissima responsabilità e non potrebbe più stare nel Ppe». Un messaggio a Casini. L’obiettivo resta la rivoluzione liberale incompiuta: «Ho riascoltato tutti i discorsi dal ’94 a oggi. Ora quel movimento di grande folla è fermo ma con un nuovo sogno credo che abbiamo la possibilità di recuperarlo - dice - abbiamo parlato di rivoluzione liberale: eravamo in buona fede, ma ci siamo illusi anche noi, mentre adesso abbiamo le idee chiare. In futuro attiveremo una rivoluzione liberale per far sì che il benessere non sia di pochi ma di tutti».
Certo, è complicato da fare con questo sistema perché «il governo in Italia ha come unico strumento il disegno di legge. Il premier non può revocare un ministro. Il presidente del Consiglio non ha potere di nomina: è tutto delegato al presidente della Repubblica, o ai presidenti delle due Camere».
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