Il Pd attacca, il Cav non replica L'obiettivo rimane la crescita

Berlusconi non risponde all'affondo di Epifani che lo accusa apertamente di "voler far cadere il governo". Facendo irritare persino le "colombe" Pdl

L ascia Roma in serata il Cavaliere, deciso a concedersi un week end di riposo dopo aver in qualche modo dettato la «sua» linea al governo Letta. Aprendo, inevitabilmente, una querelle con il Pd e in particolare con il suo segretario Guglielmo Epifani che ieri invitava Silvio Berlusconi a «non far cadere l'esecutivo per le sue ragioni personali».

Pubblicamente il leader del Pdl si guarda bene dal rispondere, ma in privato il ragionamento è sostanzialmente questo: non è un problema di processi come vorrebbe far credere il Pd, ma di politiche economiche che ancora mancano e sulle quali è necessario muoversi al più presto. Poi, certo, se qualcuno chiedesse al Cavaliere se la decisione delle Consulta sul processo Mediaset attesa per il 19 giugno può condizionare la tenuta del governo la risposta non potrebbe essere negativa. Ma non perché io lo voglia far cadere - spiega in privato ai suoi interlocutori Berlusconi - quanto perché non potrei non reagire a quella che sarebbe una vera e propria «aggressione giudiziaria» visto che «sarebbe folle che la Corte Costituzionale non considerasse impedimento legittimo il presiedere un Consiglio dei ministri» (è su quell'impedimento non concesso nel 2010 dal tribunale di Milano che si dovranno infatti pronunciare i giudici costituzionali).

Quello su cui punta Berlusconi, insomma, è soprattutto il fronte economico, quei temi - ha più volte ripetuto in questi giorni ai big del Pdl - che il nostro elettorato comprende e su cui si aspetta dei risultati a breve. Di qui lo scontro tra Angelino Alfano ed Epifani, visto che il Pdl fa quadrato attorno al Cavaliere. «Stia attento a non mettere in crisi il governo per le sue personali ragioni, perché se fa così vuol dire che non gli interessa il Paese», attacca il segretario del Pd. «Chi interpreta le affermazioni di Berlusconi come un tentativo di sviare l'attenzione - replica Alfano nella doppia veste di vicepremier e segretario del Pdl - è in malafede». Per il leader dei Democratici non è tanto il contenuto a essere in discussione («Da un certo punto di vista le cose che Berlusconi dice hanno un fondamento») ma la tempistica visto che «il braccio di ferro con la Merkel quando era premier l'ha perso anche lui».

Il Pdl, però, si schiera tutto con Berlusconi. E questa volta senza alcuna distinzione tra i cosiddetti falchi e le colombe, tanto che oltre ad Alfano anche il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi prende posizione («L'invito a un braccio di ferro con la Merkel è puro realismo»). Lo scenario di un Berlusconi che minaccia la crisi di governo, dice il portavoce vicario del Pdl Anna Maria Bernini, «è una favola e se Epifani insiste è solo per evidenti ragioni politiche interne a un Pd in crisi d'identità». Quella del Cavaliere, gli fa eco il presidente della commissione Finanze della Camera Daniele Capezzone, «è un'indicazione strategica di grande visione».

L'importante, ammonisce il coordinatore del Pdl Sandro Bondi rivolgendosi a Epifani, è «alimentare uno spirito positivo di maggiore comprensione reciproca piuttosto che soffiare sulla diffidenza e sui sospetti». Più duro il capogruppo alla Camera Renato Brunetta: «La violenza della minaccia di Epifani è gravissima». Mentre la sua vice Mariastella Gelmini invita Letta «a ottenere un cambio di marcia in Europa».

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