RomaModifiche del regolamento, interpretazioni, cavilli. Il Pd ieri ha fatto di tutto per far innervosire il Pdl sul voto in aula della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Palese o segreto, è l'ultima diatriba, con i due fronti spaccati e i democratici su posizioni vicinissime ai grillini, per il voto evidente, e Scelta Civica schierata con il Pdl. E con il regolamento. Perché, come ha ripetuto ieri anche Pier Ferdinando Casini, il regolamento del Senato parla chiaro: «Ed è per il voto segreto». Ma il Pd vuole esplorare le «interpretazioni»: con una mano sta al governo del Paese (con il Pdl) e con l'altra continua le demolizione del presidente del partito alleato con ogni mezzo. La tenuta dell'esecutivo torna ad essere una navigazione a vista. Il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, ieri ha reagito con durezza: «È evidente che i margini di agibilità politica della maggioranza si restringeranno sempre di più», perché «l'agibilità politica di una maggioranza si misura anche sui comportamenti reciproci».
Nessuna decisione sarà presa comunque dall'aula del Senato per tutto il mese di ottobre. Una tregua che sembra organizzata. La conferenza dei capigruppo non ha posto la discussione sul caso Berlusconi all'ordine del giorno per il mancato invio della relazione di Dario Stefàno (Sel) - approvata lunedì dalla giunta delle elezioni, che Stefano presiede - al presidente di palazzo Madama Pietro Grasso.
L'unica certezza, per ora, è che il regolamento del Senato non si cambia. Lo ha deciso la giunta per il Regolamento, interpellata proprio per le complicazioni sul voto segreto poste dal Pd (e prima dai Cinque stelle): nessuna modifica può essere effettuata all'articolo 113, perché sarebbe davvero «contra personam», come ha spiegato Francesco Nitto Palma (Pdl), che è anche presidente della commissione Giustizia, uscendo dalla riunione. È questa seconda giunta, dopo quella per le immunità, ad occuparsi del caso della decadenza dell'ex premier. L'ennesima tappa, prima del voto definito dell'aula, prevede forzatamente questo passaggio intermedio. Il 29 ottobre la giunta si riunirà di nuovo, con due relatori, uno per il Pd (Russo) e uno per il Pdl (Bernini) che esporranno le interpretazioni dell'articolo 113.
Una delle tesi di area democratica viste come più provocatorie è che nel caso Berlusconi potrebbe trattarsi non di un voto che riguarda la persona (per cui è prevista la segretezza), ma sulla composizione del Senato. «Credo che il regolamento possa essere interpretato a favore del voto palese», ha spiegato il deputato del Pd Dario Nardella. Non è «un voto su una persona ma sull'applicazione della legge Severino». Il Pd ieri è parso insistente: «Sul piano generale - ha sottolineato Luigi Zanda, il capogruppo - ma sul piano generale il voto palese garantisce in modo migliore la trasparenza delle decisioni». Anche i renziani sono su questa linea: «È una questione che non ha nulla a che vedere con la tenuta del governo - è tornato a ripetere Zanda -. Si tratta di cose molto diverse».
Ma nemmeno le «colombe» del Pdl hanno apprezzato questa pedanteria e le critiche sono arrivate compatte: «La polemica sull'amnistia a Silvio Berlusconi è una banalità che si poteva evitare», ha chiarito il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello.
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