Il Pd ripensa alla grande ammucchiata

Alta tensione sulla riforma della legge elettorale: si tratta per il premio al 40% ma l’esame slitta a martedì. Bersani tentato dal ritorno all’Unione: ha già avviata la trattativa con l'Idv Donadi e presto chiederà un’al­leanza a Radicali e Verdi. Poi ci sono il Sel e De Magistris che ha pronta la "lista arancione"

Roma - «Il problema è che stiamo facendo tutti i conti sulla base de­gli stessi sondaggi, e siccome gli obiettivi sono opposti l’accordo è impossibile, e i numeri li hanno lo­ro ». A spiegare questo scenario pessimista è uno dei tecnici Pd che conducono la trattativa sulla legge elettorale.
L’esame in commissione slitta alla settimana prossima, il dialogo è in panne e ieri sera l’ipotesi più probabile era questa: il Pd spunte­rà una soglia leggermente più bas­sa per accedere al premio di coali­zione, dal 42,5% al 40%, ma si do­vrà accontentare di un «premiet­to » alla prima lista che non arrive­rà a quel 10% che chiede Bersani. Ma prima di martedì non si chiude­rà. E che, sulla base dei famosi son­daggi, potrebbe bastare al Pd per mettere insieme una maggioran­za con Sel e Udc (più eventuali sa­telliti). Quindi il Pdl- che punta tut­to sul rientro in gioco nonostante la prevedibile batosta - non glielo vuol mollare neanche morto. E contropropone il 5 o 6%. «Hanno paura che saremo noi a governare, e quindi vogliono restare sotto la soglia di governabilità», dice Ber­sani, e fotografa la realtà. D’altra parte era anche prevedibile, e lo fa notare Massimo D’Alema, forse con una punta di scontentezza per come la partita della legge elettora­le è stata gestita dal suo partito. «Non ci vogliono far vincere? Beh, è normale che i tuoi avversari poli­tici provino a non farti vincere. La
cosa grave è che non vogliano che il paese sia governato». E avverte che se l’obiettivo di tutte queste astute manovre fosse il famoso Monti bis, sostenuto anche dal Pdl o quel che ne resta, «un governo di questo tipo sarebbe fragilissimo». Bersani invece ripete che - più che fragilissimo - il Monti bis per quan­to­lo riguarda non nascerebbe pro­prio: «È impensabile che dalla pa­lude venga fuori quel governo », la­sciando intendere a nuora Casini e suocera Napolitano che il Pd non ci starebbe.
«Se noi avessimo raccolto la pro­vocazione del Pdl sul presidenzia­lismo e il doppio turno oggi parle­remmo di un altro film», fa notare Roberto Giachetti, che prosegue il suo digiuno pro riforma. «Ora ri­schiamo di apparire gli unici difen­sori del Porcellum». Il Pd sa che ri­schia di dover ingoiare il rospo: a Palazzo Madama Pdl e Lega han­no una maggioranza blindata e possono far passare soglia e pre­mietto. La speranza, che ventilava martedì Franceschini, di affossare tutto alla Camera dove «a voto se­greto metà Pdl e Udc voteranno contro le preferenze», e di tenersi quindi il Porcellum e il suo premio­ne, è anch’essa sfumata. «Il Pdl ­spiega Castagnetti- è pronto a leva­re di mezzo le preferenze già al Se­nato, per mandare a Montecitorio un testo blindato». E quindi si stu­diano le contromosse. «Questa ri­formetta sarà un mostro peggio del Porcellum- dice Andrea Orlan­do - ma non hanno calcolato che può avere alla fine un effetto cata­lizzatore a nostro vantaggio». Nel senso che, drammatizzando la campagna elettorale al grido «non ci vogliono far governare», il cen­trosinistra potrebbe puntare tutto sul superamento della soglia del 40%,e pure riuscirci. Come? Col ri­torno all’Unione: «Stanno cam­biando la legge solo per impedire a noi di andare al governo, e quindi dobbiamo difenderci, riunendo tutti quelli che ci stanno e possono portare voti», ragiona Francesco Garofani. Con l’ex capogruppo Idv Donadi c’è già una trattativa che potrebbe portare alla forma­zione di una lista di «moderati»; mentre il sindaco De Magistris è pronto ad attaccarsi al treno con i suoi «arancioni». Si chiederà un’al­leanza a Radicali e Verdi, si pesche­rà nella sinistra radical oltre Sel «e qualcosa potrebbe muoversi an­che dall’associazionismo cattoli­co », assicura l’ex Ppi Giacomelli.

Un bel «melting pot» che potrebbe anche portare alla sospirata vitto­ria. Governare, poi, sarà tutt’altro paio di maniche, ma «ad ogni gior­no la sua pena», chiosa un colon­nello bersaniano.

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