Il Pd scorda l'amnistia che salvò il Pci

Il Pd scorda l'amnistia che salvò il Pci

RomaIl Pd frena sull'ipotesi dell'amnistia lanciata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dando come al solito una lettura «berlusconiana» del provvedimento. Il leader del centrodestra potrebbe beneficiarne? Allora meglio di no. Peccato che, come ricorda il capogruppo alla Camera del Pdl Renato Brunetta, il partito antenato del Pd, il vecchio caro Pci, fu tra i miracolati dell'ultima amnistia, che risale al 1990. «Al segretario pro tempore del Pd Guglielmo Epifani - dice Brunetta - affannato ad evitare che amnistia e indulto possano giovare a Berlusconi, che vuole eliminare sì, ma con cautela cioè con calma, la tortura del sovraffollamento, rinfresco la memoria. Deve sapere, Epifani, che quando lui era socialista, l'antecedente del suo Pd, cioè il Pci, godette del regalo dell'amnistia del 1990. Essa cancellò il reato dell'oro di Mosca. L'amnistia fu fatta senza mai nominare, neanche per sbaglio, i benefici che ne sarebbero derivati ai compagni. Un furto con destrezza alla buona fede degli italiani».
Ricostruiamo la vicenda. Nel 1989 viene varato un nuovo codice di procedura penale e per farlo partire senza troppa zavorra si decide di svuotare le carceri. Per questo il governo vara un disegno di legge che solleva non poche critiche per la sua generosità. Sbianchetta infatti tutte le pene inferiori a quattro anni escludendo alcune tipologie di reati come quelli finanziari ma non i finanziamenti illeciti ai partiti politici. Come quelli goduti per decenni dal Pci con provenienza Mosca. Va detto che quella del 1990 è l'ultima amnistia firmata dal presidente della Repubblica su delega del Parlamento che si esprimeva a maggioranza semplice. Nel 1992 entrerà in vigore una legge costituzionale che, per evitare un ricorso eccessivo a uno strumento emergenziale, stabilisce che i provvedimenti di clemenza non sono più presi dal Capo dello Stato su delega del Parlamento, ma dal Parlamento stesso a maggioranza di due terzi di ciascuno dei suoi rami. E da allora, addio alle amnistie.
Ma torniamo a quell'autunno 1989 in cui il Parlamento è chiamato a esprimersi sull'amnistia. Il Pci sul tema si spacca, ma alla fine si astiene agevolando l'approvazione. Ricorda Brunetta: «Piace qui ricordare che a tenere le fila dei deputati del Pci fu già a quel tempo Anna Finocchiaro Fidelbo, che propose al suo partito di votare l'astensione. La ragione della cautela l'aveva esposta un indignatissimo Gian Carlo Pajetta. Il quale lanciò il sospetto che l'amnistia fosse stata pensata contro i lavoratori della Fiat. Sostenne che il processo all'ingegner Romiti e ad altri dirigenti per violazione dello Statuto dei lavoratori aveva avuto tempi cronometrati giusto in tempo per l'amnistia». La Finocchiaro sul tema se la cava con generici appelli alla «coscienza democratica» e alla fine i deputati del Bottegone si astengono.

«Il verbale - ricorda Brunetta - reca scritto: applausi dei deputati del gruppo del Pci. Aggiungo anche i miei. Un capolavoro di doppiezza togliattiana. E questi qui ora vogliono darci lezioni, vero onorevole Epifani?».

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