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Il Pd segreto: intesa col Pdl per evitare le urne (e Renzi)

Bersani fa la voce grossa ma D'Alema l'avrebbe convinto a rinunciare all'incarico. Il piano prevede l'accordo con Berlusconi sul Quirinale e sul governo. Però ci sono resistenze

Il Pd segreto: intesa col Pdl per evitare le urne (e Renzi)

«Domani - assicura un suo portavoce - Prodi partirà per l'Africa, dove continua il suo lavoro». Segno che l'ex premier dell'Unione ritiene in qualche modo compiuto il lavoro cui si è dedicato negli ultimi mesi, ossia la tessitura di una fitta trama che lo proietti al Quirinale.
Lui naturalmente smentisce: «Non ho nessuna candidatura al Quirinale, sto semplicemente a guardare». Da Bari gli piovono sulla testa i fulmini di Berlusconi («Con lui presidente ci toccherebbe andare all'estero»), che dava per scontati. Dal web però gli arrivano i segnali di apertura promessi da Casaleggio (in ottimi rapporti, secondo i ben informati, sia con l'ex braccio destro prodiano Angelo Rovati sia col banchiere Nanni Bazoli), con il nome del Professore bolognese nella top ten della consultazione dei 5 Stelle. E il segretario del Pd Bersani si ritrova stretto in una tenaglia, tra l'accelerazione dei renziani che, con Del Rio, hanno ufficialmente candidato Prodi e con i grillini che potrebbero calare la stessa carta.

Per questo, assicura un esponente Pd, al di là dello scontro di facciata con il Pdl («Non cedo a Berlusconi, un governissimo non lo faremo mai») Bersani e i suoi, spinti da D'Alema, si stanno convincendo «che bisogna evitare a tutti costi le elezioni, che porterebbero inevitabilmente a Renzi candidato, e che occorre trovare un accordo col centrodestra sia sul Quirinale su un nome che passi al primo scrutinio, che per il governo da fare dopo». Un accordo che, secondo la stessa fonte, non prevede il nome del segretario come premier: «Bersani ormai è fuori e lo sa». Ieri peraltro lo ha anche detto, con una certa stizza: «Se sono d'intralcio mi levo». E il potenziale nome «condiviso» per il Colle? «Se Napolitano accettasse il sacrificio, ogni problema sarebbe risolto», sospirava l'altro giorno Enrico Letta con un compagno di partito. Ma un altro nome circolava molto ieri, nel Pd, insieme a quelli di Anna Finocchiaro, Marini, Amato: quello di Sergio Mattarella, giudice costituzionale ed ex ministro. «È lui la carta coperta dei cattolici», assicura un renziano.

Ma, come sempre nel Pd, le scuole di pensiero sono molteplici, e c'è anche chi assicura che Bersani non ci pensa proprio, né a mollare né ad avallare accordi con Berlusconi. «Bersani - assicura un altro ben informato - sta già su Prodi: se i grillini partecipano alla sua elezione, Prodi potrebbe rinviare Bersani alle Camere e fargli avere un lasciapassare per il suo governo dai 5 Stelle. Un governicchio, certo, ma almeno lui resterebbe in sella». E uno scenario del genere lo lascia intendere anche il fido bersaniano Nico Stumpo: «Se non c'è l'intesa con Berlusconi sul presidente della Repubblica, Bersani non si suiciderà e una soluzione si trova», dice. Se il Pdl continua a porre come condizione di essere riconosciuto come interlocutore per il futuro governo, insomma, la trattativa sul Quirinale non si farà, e Prodi sarà il candidato più probabile. L'offensiva di Renzi, peraltro, rende ancora più proibitiva la strada dell'inciucio: «Più Bersani si agita a cercare un modo indolore per fare il governo con l'ok del Pdl, più noi alziamo il tiro», dicono i renziani. E si spiega anche così l'aspra intemerata di Bersani contro il sindaco di Firenze: «Mi ha detto che ci vuole dignità e non bisogna inseguire i Cinque Stelle. Una frase così non l'avrei accettata neanche da mio padre.

Per il bene del partito sto zitto, ma l'arroganza umilia chi ce l'ha».

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