RomaLa bozza è vecchia, già presentata dal Pd (Bersani e il tesoriere Misiani), ma riproposta adesso, dopo l'attacco del piddino Fioroni all'uso dei soldi pubblici per la comunicazione M5S, e col Pd risucchiato a sinistra dal movimento Cinque stelle, è inevitabile leggerla come una legge «ad Grillum». Se fosse approvata la norma proposta da Finocchiaro e Zanda il M5S, con il suo «non statuto», in teoria non avrebbe diritto né a presentarsi alle elezioni né a ricevere finanziamenti statali, che attualmente il M5S prende sotto forma di fondi per il funzionamento dei gruppi (5milioni di euro l'anno per i senatori e i deputati di Grillo). Il testo ripresentato dal Pd chiede infatti che, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, sulla forma giuridica dei partiti politici, ci debbano essere dei «contenuti minimi dello statuto, alcuni principi generali, ai quali dovranno attenersi tutti i partiti, pena la perdita dei rimborsi e di ogni ulteriore forma di finanziamento pubblico», oltre alla possibilità di partecipare alle competizioni elettorali. Un movimento senza uno statuto e senza quei «principi minimi» (quali?) sarebbe paragonabile a un'associazione culturale, non a un movimento politico. In altre parole: fuori dai giochi.
Curioso, poi, che a presentare la norma che metterebbe fuori legge il M5S sia Zanda, il senatore che chiede l'ineleggibilità di Berlusconi. Ineleggibili per legge il leader Pdl e ora anche il M5S? «Una forzatura deformante - rispondono dal Pd - che diventa una operazione di disinformazione». Grillo invece, senza chiarire l'ambiguità tra statuto M5S e «non-statuto», coglie la palla al balzo e sfrutta l'ennesimo autogol del Pd per denunciare il nuovo tentato golpe, o golpetto, ai danni del Cinque stelle. «Il MoVimento 5 Stelle non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo - scrive sul blog -. Se la legge anti Movimento di Finocchiaro e Zanda del pdmenoelle sarà approvata in Parlamento il M5S NON si presenterà alle prossime elezioni». Quindi il colpo finale: «I partiti si prenderanno davanti al Paese la responsabilità di lasciare milioni di cittadini senza alcuna rappresentanza e le conseguenze sociali di quello che comporterà». Gioco, partita, incontro.
Va detto, però, che Grillo uno statuto lo ha depositato, presso un notaio di Genova, poco prima delle elezioni. Secondo quel documento Grillo è il presidente del movimento e unico titolare del simbolo, mentre vicepresidente è il nipote (e legale di Grillo) Enrico. Il Movimento - prevede lo statuto registrato dal comico - ha un'assemblea, da convocare almeno una volta l'anno entro aprile, degli organi direttivi, delle finalità. Non basterebbero queste norme per qualificarlo come un partito, in base ai criteri proposti dal Pd? E per il M5S vale lo statuto depositato da Grillo e da suo nipote, o il non statuto che compare nel sito del movimento e che citano i parlamentari grillini? Il leader Cinque stelle parla come se non esistesse quello statuto, che qualifica di fatto il M5S come un'associazione politica a tutti gli effetti, come il «Pdmenoelle» e il «Pdpiùelle». E che dice cose molto diverse dal «non statuto», per il quale il M5s è una «non Associazione», che «rappresenta una piattaforma ed un veicolo di confronto e di consultazione che trae origine e trova il suo epicentro nel blog».
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