Roma«Un camion di Lexotan a via dellUmiltà e passa la paura». La ricetta per «curare» i mali del Pdl è di un ex ministro del precedente governo. E, al di là della boutade, rende alla perfezione lo stato di agitazione di un partito dove ormai da settimane si vive in perenne stato dansia, al punto che pure il rumors più surreale diventa argomento di discussione. Insomma, se è vero che in questi giorni se nè sentita «di ogni» sul futuro del Pdl, non è un dettaglio il fatto che deputati e senatori, anche quelli navigati, stiano lì a preoccuparsi e discuterne. E non lo è il fatto che per la seconda volta in quattro giorni il Cavaliere si trovi costretto a precisare il suo pensiero, con il solito buffetto affettuoso alla sua dirigenza: non esistono liste diverse dal Pdl.
È già, perché sta tutto qui il punto. Nel fatto che a Berlusconi questo partito non piace più. Non solo il nome, ma anche le sue facce e come è strutturato. E pur negandolo il Cavaliere in pubblico e in privato, tutti o quasi i dirigenti del Pdl sembrano averne ormai la consapevolezza. Cosa abbia in testa davvero Berlusconi probabilmente lo sa solo lui e forse unidea precisa ancora non lha davvero fulminato. Ma alle liste civiche ci pensa eccome, come ragiona sul far diventare il Pdl una sorta di «bad company» di una più ampia confederazione che si apra al centro e alla società civile. E così, non solo i cosiddetti «falchi» - con Daniela Santanchè che anche ieri era in prima linea contro leuro - ma anche buona parte delle più prudenti «colombe» iniziano a pensare che per salvare il partito serva un gesto forte che può essere solo una netta presa di distanza dal governo Monti.
Ecco perché ieri non era solo Massimo Corsaro a chiedere di «staccare la spina» allesecutivo, ma pure il più prudente Sandro Bondi convinto che «il voto anticipato non sarebbe né un rischio né uno scandalo». «Così non si va avanti per molto», è la considerazione di uno sempre piuttosto cauto come Raffaele Fitto. Mentre dalle parole di Fabrizio Cicchitto sembra emergere una sorta di dead line. «Sino alla fine di giugno - spiega - il governo è impegnato in un lavoro molto importante a livello europeo. Dopo apriremo una fase di profonda riflessione». Lidea che sta prendendo piede, infatti, è mollare Monti al suo destino dopo il Consiglio Ue di fine giugno. E a farlo, è il ragionamento che si rincorrere tra i dirigenti del Pdl, «deve essere Angelino Alfano che ci deve mettere la faccia». «Sarebbe un gesto forte - spiega un ex ministro - e che ci ravvicinerebbe al nostro elettorato. E con il quale Angelino potrebbe fare un passo al lato rispetto al Cavaliere». Visto che è piuttosto chiaro a tutti che, allo stato dellarte, Berlusconi non pare affatto incline né a mettere in crisi Monti né a tornare al voto. Anche se, spiega Corsaro, «sganciarsi non vuol dire andare alle urne» visto che un pezzo di Pdl continuerebbe a seguire Monti e il Quirinale ha già fatto capire che di elezioni anticipate non se ne parla. Di più: come direbbe Densi Verdini, sarebbe un bella scrematura in vista delle prossime liste elettorali.
Chi spinge con decisione e senza sosta sullacceleratore è invece la Santanchè che dopo la campagna contro lImu lancia via Twitter la proposta di un referendum sulleuro: «Riprendiamo in mano il nostro destino. Tecnocrati ed euroburocrati hanno fallito: sulleuro devono decidere gli italiani».
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