Altro che Letta-bis, al voto con il Porcellum. Per far vincere il M5S. È la provocazione di Beppe Grillo, che piomba sul drammatico impasse politico come un meteorite su uno stagno e garantisce: «Ve lo dico col cuore, prendiamoci questa grande opportunità. Il treno passa solo una volta. Vinciamo e mandiamoli tutti a casa. Poi a cambiare la legge elettorale ci pensiamo noi».
Brutte notizie, insomma, per chi sperava nel ribaltone con un governo di larghe intese alternativo con la sinistra e i grillini. Grillo vuole far saltare il banco e prendersi tutto. E pazienza se si andrebbe al voto ancora con quel sistema elettorale che Pd e il Pdl si sono «tenuto ben stretto» finché gli conveniva e che ora, invece, «improvvisamente, dopo quasi otto anni di letargo hanno fretta, molta fretta di cambiare». Una scossa al termine di una giornata che non ha fatto segnare passi avanti nell'impasse politico. Dopo il colloquio di ieri al Quirinale, tra Giorgio Napolitano e Enrico Letta, la linea del Pd resta quella del ministro Dario Franceschini: «A minacce e ultimatum basta rispondere con un principio molto semplice: non si barattano legalità e rispetto delle regole con la durata di un governo. Mai».
Il premier ha anche aggiornato il capo dello Stato sulla fitta agenda del governo. A cominciare dal Consiglio dei ministri di oggi, che affronterà i provvedimenti per la stabilizzazione dei precari e i tagli ad autoblù e consulenze nella pubblica amministrazione, per culminare con la vexata quaestio dell'Imu, che verrà affrontata la prossima settimana. Non a caso, subito dopo, Letta ha fatto sapere di aver anche incontrato il ministro Saccomanni per accelerare la ricerca delle coperture per Imu e Iva.
Il messaggio che il premier vuole dare è duplice: nessun cedimento sulla decadenza di Berlusconi, e lavoro indefesso sui dossier che stanno a cuore agli italiani. Per lasciare il cerino tutto in mano al Pdl: «Se vuol far saltare il governo perché Berlusconi non riesce a ottenere un salvacondotto, se ne assuma la responsabilità di fronte all'Italia», tuona minaccioso Davide Zoggia. E, al contempo, per intestarsi battaglie come abolizione dell'Imu, tagli anti-casta, provvedimenti per la crescita e per il lavoro. «Se tutto precipitasse per colpa del Pdl, Letta può farne il suo cavallo di battaglia elettorale», dicono i suoi fedelissimi. Lasciando così intendere quello che più d'uno sospetta, in casa Pd. E che ieri, dal fronte opposto, il Pdl Daniele Capezzone sintetizzava così: «Se Enrico Letta ribadirà il suo no e Dario Franceschini il suo mai, risulterà evidente che la delegazione del Pd al governo vuole semplicemente ottenere in fretta e furia una nomination da parte del proprio partito, scavalcando Renzi, rinviando un congresso in cui l'attuale nomenklatura sa di essere perdente, e presentandosi come quelli che si sono opposti al nemico Berlusconi».
Una linea che di certo è quella di chi (bersaniani in testa) «più di ogni altra cosa al mondo, terremoti e tsunami compresi, teme Renzi segretario del Pd», come dice il veltroniano Tonini. Che sia anche la linea di Letta, però, molti lo escludono: «Chi glielo fa fare? Se davvero il Pdl fa saltare il governo, Letta può andare in Europa ed essere una riserva della Repubblica per il futuro, grazie alla credibilità accumulata. Ma se si vota a breve le primarie sono inevitabili, e vince Renzi», dice Matteo Orfini.
A Palazzo Chigi, però, fanno sapere di essere ancora «ottimisti». L'incontro con Alfano, spiegano i lettiani, è stato «meno tempestoso» di quanto si sia raccontato.
E a vegliare sulla situazione c'è sempre Napolitano, con una carta formidabile da giocare: «Berlusconi sa che se fa saltare il governo il capo dello Stato farebbe eleggere il suo successore da questo Parlamento, in cui la maggioranza è di centrosinistra, e non dal prossimo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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