La solitudine degli amanti

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La solitudine degli amanti
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«In titulo indicium solutionis latet» suggerivano i nostri avi. Il titolo di questa rubrica è «In amore Valetutto». E poiché poi il sottotitolo invita anche a dare consigli, eccomi qui a replicare a Giovanni N., colpito dalla «sindrome di Penelope». Mi verrebbe da dire che quando si sceglie di iniziare una relazione con una donna già sposata con figli, e «in amore vale» anche rimanere a Itaca ad aspettare il ritorno di Sofia sentendosi «sedotto e tenuto in un’orbita a girare» durante le festività in solitudine, tra i suoi libri e i film!». La mente creativa di un art director (io lo sono stato per 11 anni) avrebbe dovuto sapere che come non si rubano le idee altrui per non violare il copyright non si condividono neppure le donne altrui! Fa pensare poi la scelta decisamente subliminale di chiamare l’amante «Sofia», ovvero il nome greco della saggezza! Da come si comporta sorridendo «come una Gioconda e non vuole che le cose cambino» non mi pare sia proprio ispirata dalla saggezza ma dall’opportunismo di tenere un piede in due staffe! Non voglio evocare le «Dieci tavole» di Mosè ma se consideriamo valida la V legge (non uccidere) o la VII (non rubare) dovremmo dare la stessa validità anche alla IX legge (non desiderare la donna d’altri)! Chi è causa del suo male, pianga se stesso (a casa, da solo, nelle fine settimana con i suoi libri guardando un film...).
Francesco

Caro Francesco, l’unica stranezza della storia di Giovanni N. è il sesso del protagonista. Raramente mi è capitato di ascoltare lo sfogo di un uomo che resta a casa a deprimersi in attesa dell’amante mentre lei è placidamente in vacanza con figli e marito. Per il resto, il copione è tristemente trito. E ha ragione lei, Francesco: bisognerebbe saperlo che condannarsi ad essere quello che spaia un numero rotondo come il «due» non si guadagna altro che maratone di film, gelato iperclorico e un numero di chili indesiderati che rendono inappetibili agli occhi di un’eventuale, più sana, alternativa. Certe cose, cioè «prendersi la donna altrui», non dovremmo farle capitare ma è bene concedere a ognuno la possibilità di sbagliare, una volta nella vita. Certo, se quello di Giovanni N.

fosse un copione consolidato, la colpa sarebbe solo sua. E in quel caso, chi è causa del suo mal, pianti se stesso. Ma voglio credere che sia stata un’infelice fatalità innamorarsi di una donna già impegnata. E, va detto, che Giovanni N. sta pagando caro l’incidente.

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