Piazze e No Tav, prove di terrorismo

Ci sono settori della politica, della magistratura, dei media e della società sedicente civile ai quali il tentativo di "pacificazione" inaugurata dal nuovo governo non sta bene

Attacco notturno al cantiere Tav
Attacco notturno al cantiere Tav

«Atto di guerra». «Salto di qualità preoccupante». «Azione militarmente organizzata nei dettagli». «Quantità industriale di molotov». Sono le parole usate dal procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, non da un esponente del centrodestra, per descrivere l'attacco dell'altra notte, erano circa le tre, al cantiere per l'Alta velocità di Chiomonte. Una trentina di militanti No Tav sono spuntati dal bosco a volto coperto e hanno iniziato un fitto lancio di molotov, razzi e bombe carta. Sono gli attivisti che Beppe Grillo coccola e difende un giorno sì e l'altro pure, forse quando si dimentica di essere «come la Protezione civile» del Paese. Ma tant'è. I fomentatori dell'antipolitica fanno di tutto per esasperare il conflitto sociale. «Solo per un caso non c'è scappato il ferito o addirittura il morto», ha continuato Caselli. «Bisogna intervenire, non può essere solo un problema della magistratura. Devono essere messi in campo interventi adeguati». In sostanza, il procuratore sollecita l'iniziativa della politica prima che l'escalation della violenza degeneri. Ieri sera in prefettura a Torino si è tenuto un vertice per l'ordine e la sicurezza alla presenza del ministro dell'Interno Alfano, del ministro per le Infrastrutture Lupi, dei procuratori Caselli e Maddalena e dei sindaci della Val di Susa. Si tenta di correre ai ripari, prima che la tensione cresca ancora. Tuttavia, lo stupore è minimo. Dopo la sparatoria davanti a Palazzo Chigi nella mattina del giuramento del governo Letta-Alfano, su queste pagine si era osservato che c'era poco da stare tranquilli. E che poteva aprirsi una stagione di violenza e guerriglia sociale. Purtroppo gli avvenimenti sembrano confermare quella previsione. Ci sono settori della politica, della magistratura, dei media e della società sedicente civile ai quali il tentativo di «pacificazione» inaugurata dal nuovo governo non sta bene. Anzi, per costoro è un assoluto tabù. Un'ossessione da abbattere. Ogni giorno nel nostro Paese si apre un nuovo fronte di contestazione. Sabato a Brescia, durante la manifestazione del Pdl a sostegno del candidato sindaco, militanti dei centri sociali hanno aggredito un gruppo di anziani e bruciato una bandiera del partito. Ne sono seguite le polemiche tuttora in corso per le prese di distanza da parte di Sel e del Movimento Cinque Stelle infarcite di distinguo, di se e di ma. La condanna delle offese alle donne del Pdl presenti pronunciata dal presidente della Camera Boldrini è parsa tardiva e blanda, soprattutto a proposito del comportamento degli attivisti di Sinistra ecologia e libertà, il suo partito. La tensione cresce anche sul fronte dell'immigrazione dopo il raptus di follia che ha colpito Mada Kabobo, responsabile di tre morti e del terrore diffuso per le vie di Milano. Il sindaco Pisapia ha pensato bene d'incolpare la scarsa solidarietà dei milanesi mentre, al contrario, qualcun altro ha sistemato quattro molotov davanti alla sede del centro per i rifugiati della Fondazione Progetto Arca di Milano. Proteste e scontri violenti si registrano in questi giorni anche a Niscemi, in Sicilia, dov'è in costruzione il Muos, il sistema satellitare della Marina militare Usa.

Secondo i pacifisti le violenze sono alimentate da «persone infiltrate provenienti da altre città». Ovvero, c'è una regia. Il clima d'odio si diffonde a macchia d'olio. «La pacificazione» non deve passare. Centri sociali e antagonisti si sentono sempre più legittimati ad agire.

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