Picchiano un bimbo: "Non hai passato la palla a nostro figlio"

Sbagliare l'assist a dodici anni è stato considerato una colpa imperdonabile. Da punire a ceffoni

Picchiano un bimbo: "Non hai passato la palla a nostro figlio"

Lecce - L'arbitro ha fischiato la fine. E mentre i bambini uscivano, loro hanno pensato bene di scendere in campo: un folle regolamento di conti per farsi giustizia dopo una vittoria sfumata, il tutto accompagnato da urla, spintoni e anche un sonoro ceffone. Nel mirino, vittima innocente della rabbia innescata da un incontro di calcio, è finito un ragazzino di 12 anni, compagno di squadra del figlio dei presunti aggressori e soprattutto colpevole di una condotta assolutamente imperdonabile: non avergli passato il pallone, pregiudicando inevitabilmente le sorti della partita. Non lo avesse mai fatto. Perché proprio quando i sogni di gloria si sono sciolti al generoso sole di un pomeriggio d'agosto, una tranquilla coppia di turisti si è trasformata in due ultrà inferociti. E sul rettangolo di gioco si è vissuta una scena da far west calcistico: insulti e un principio di rissa, scongiurata soltanto grazie all'intervento di un agente fuori servizio. Risultato: la calma, sia pure a fatica, è stata riportata e sono stati evitati guai peggiori.

È accaduto il 12 agosto a Nardò, provincia di Lecce, vivace centro della costa ionica, in estate gremito di turisti, sabbia bianca e mare cristallino. La storia è affiorata soltanto adesso perché pare ormai destinata a passare dal campo di calcio all'aula di tribunale. I genitori del ragazzino schiaffeggiato, che ha riportato lievi ferite giudicate guaribili in due giorni, hanno infatti deciso di presentare denuncia al commissariato. Il reato ipotizzato è lesioni personali. E così adesso sarà necessario verificare e ricostruire con precisione quanto avvenuto durante la «Junior Cup», un torneo di calcio a sette a cui partecipano ogni anno sei squadre, riservato a bambini tra i 6 e i 14 anni. Un modo per trascorrere qualche giornata di svago dopo una mattinata al mare. Partite anche infuocate, magari non proprio accompagnate da un rigoroso spirito olimpico, forse condite da qualche imprecazione non oxfordiana. Ma tutto sommato sempre partite tra ragazzini che corrono e si rincorrono dietro a un pallone. Il punto è che alla fine in campo, nel vero senso della parola, sono scesi gli adulti.

La situazione è degenerata quando giocavano le squadre della categoria «esordienti». Un incontro senza storia, un match segnato che ha alimentato la rabbia e incendiato gli animi dei genitori delusi. In particolare quelli di una coppia di coniugi residente al Nord e giunta in Puglia per trascorrere qualche giorno al mare: lui, tranquillo pensionato milanese di 63 anni, lei 50enne di Nardò. Ma sulle vacanze evidentemente si è abbattuta la variabile impazzita della delusione calcistica provocata dalla sconfitta della squadra del figlio. Un'amarezza lievitata con il passare dei minuti ed esplosa al triplice fischio dell'arbitro. Dopo una rapida analisi tecnico-tattica, tra marito e moglie è maturata una solida certezza: la squadra ha perso perché qualcuno ha fatto quello che una volta nelle partite di cortile veniva chiamato «il solista», insomma il tipo che pensa di essere Maradona e non passa mai la palla. E nella circostanza concreta, il colpevole è stato individuato in un ragazzino di dodici anni, accusato non solo di credersi chissà chi, ma anche di aver giocato male compromettendo il risultato: per questo, secondo quanto raccontato nella denuncia, la cinquantenne lo avrebbe apostrofato al grido di «mascalzone» strattonandolo, sostenuta dal marito che sarebbe passato direttamente ai fatti colpendolo con un ceffone. A quel punto è scoppiato il finimondo, è intervenuto il padre del dodicenne e si è rischiata una zuffa colossale.

Che è stata evitata per un soffio grazie all'intervento di un poliziotto. Si tratta di un agente in vacanza: stava assistendo alla partita del figlio, mai avrebbe pensato di ritrovarsi a svolgere servizio pubblico in una partita tra bambini.

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