Politica

Di Pietro apre la cassa: pago di più, voglio più seggi

Tonino è il primo finanziatore e piazza il suo "cerchio magico". Fuori la Mura

Il leader Idv Antonio Di Pietro
Il leader Idv Antonio Di Pietro

Roma - Pago, pretendo. La massa che affolla il simbolo «Rivoluzione civile» di Antonio Ingroia più che il Quarto stato di Pellizza da Volpedo è l'esercito di politici che preme per un posto utile nelle liste del pm. Nella lotta tra i capi dei partitini che compongono l'associazione dietro la lista, ovvero l'Idv, i Verdi, i Comunisti italiani, Rifondazione comunista, Federazione della sinistra, il Movimento arancione di Luigi De Magistris e la Rete 2018 di Orlando, chi ha la golden share è Antonio Di Pietro. «Golden» in senso letterale, perché parliamo di soldi. L'Idv di Di Pietro, che ha in cassa la bellezza di 31 milioni di euro e rispetto agli altri partitini della lista - e non solo a loro - è un milionario, sta coprendo buona parte (si dice la metà) delle spese elettorali per la lista Ingroia, e questo sacrificio economico è compensato da una posizione di forza al tavolo delle trattative sui posti in lista. Se tutti i leader si stanno piazzando in ottime posizioni, come il capo del Pdci Oliviero Diliberto capolista al Senato nella rossa Emilia-Romagna, il rifondatore comunista Paolo Ferrero al numero tre nel Piemonte dei No Tav e il verde Angelo Bonelli terzo in lista nella Puglia dell'Ilva, Di Pietro non si è soltanto assicurato per sé il terzo posto blindato in Lombardia (scavalcando e facendo infuriare il movimentista anti-G8 Vittorio Agnoletto), ma sta piazzando tutto il suo «cerchio magico» dentro le liste, forte dello status di finanziatore di Ingroia. Con conseguenti tensioni e scontri con chi invece voleva la rivoluzione della società civile a partire dai nomi dei candidati, che non dovevano essere i parlamentari Idv in cerca di rielezione. Così, la rivoluzione civile è già diventata una mezza guerra civile all'interno della lista, con uno scontro, all'ultima riunione, tra Di Pietro e lo stesso De Magistris, contrario al riciclo di deputati, senatori e consiglieri dell'Idv, al punto - racconta chi c'era - da minacciare di mollare tutto, come ha già fatto Salvatore Borsellino («Che delusione Ingroia»), seguito dagli esponenti del Popolo viola e dai movimentisti di «Cambiare si può», usciti dal progetto. Molti di questi sono targati Di Pietro, fedelissimi dell'Ufficio di presidenza, con l'esclusione finora solo della deputata e tesoriera Silvana Mura, perché indagata (ma lei combatte con le unghie per il suo posto: «Sono stata già interrogata, chiedo di essere candidata»). Assicurati in ottime posizioni ci sarebbero invece diversi onorevoli e dirigenti nazionali Idv, dal responsabile organizzativo onorevole Ivan Rota (parente di Di Pietro), al coordinatore e deputato Carlo Costantini, dall'onorevole Maurizio Zipponi anche lui membro dell'Ufficio di presidenza, all'onorevole Antonio Palagiano (medico della famiglia Di Pietro), dai deputati Antonio Borghesi, Pierfelice Zazzera, ai senatori fedelissimi come Luigi Li Gotti (capolista al Senato in Sicilia) e Fabio Giambrone, fino al senatore Aniello Di Nardo, ex democristiano poi Ccd, poi Udc, poi Udeur, poi Idv ora Lista Ingroia. L'arrivo di Di Nardo, capolista in Basilicata, ha avuto un contraccolpo pesante: si è infatti tirato indietro Gildo Claps, fratello di Elisa Claps, chiamato dallo stesso Ingroia («Lo ringrazio, ma in lista volevo nomi nuovi»). Anche gli altri segretari avrebbero chiesto posti certi per i loro fedelissimi (tre a Rifondazione, tre ai Comunisti Italiani, due ai Verdi), meno dell'Idv.

È giusto: pago meno, pretendo meno.

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