Roma Il sorriso teso come una corda di violino che sta per sganciarsi dal manico. I movimenti delle braccia più bruschi del solito, gli occhi fermi a due fessure. Tonino di Pietro avanza così verso le telecamere nel lungo giorno del dibattito alla Camera sul legittimo impedimento. La questione in aula è piuttosto centrale per la politica, ma il protagonista a Montecitorio è lui, il leader dell’Italia dei Valori, mostrato in questi giorni da tutti i giornali in una vecchia foto del ’92, a cena con l’ex numero 3 del Sisde Bruno Contrada e con un gruppo di agenti dei servizi italiani e americani.
Lo sa, Tonino, che tutti lo aspettano al cerchio di fuoco della sala stampa.
Ecco dunque Di Pietro che arriva. Le luci delle telecamere si accendono. Per iniziare sceglie un’efficace parodia del tormento interiore: «Non ci ho dormito la notte, e mi son detto: come mai il Corriere della Sera si mette a far da sponda alla campagna per dire che Mani Pulite fu voluta dagli americani?». Risposta a se stesso: «E l’ho scoperto! Perché hanno scoperto che in realtà non sono dello spionaggio americano ma del controspionaggio russo». Pausa: «Alla fine della fiera ho favorito i comunisti. Ebbene sì...».
Sospiro: «Sono il più grande James Tonino Bond della storia!». Si ride, ma con malessere. Un po’ come alle battute mal riuscite. Poteva dirla meglio. Si ha come l’impressione che il tormento sia reale e finzione. Mentre parla sembra di sentire il borbottio di un vulcano attivo.
E infatti, all’improvviso, il boato: «Ma siete il Tg1. Fate domande del cazzo (secondo alcuni avrebbe detto «a cazzo)», scoppia Di Pietro contro la giornalista Ida Peritore. Poi si ravvede, ma non si corregge: «Non ce l’ho con lei, ma con il suo amico Minzolini. Fuori ci sono i lavoratori dell’Alcoa che rischiano di perdere il posto e mi fate queste domande?».
Un disastro. La segreteria di redazione del Tg1 attacca: «Offendere quando la domanda è scomoda: è questa la concezione della libertà di stampa che ha l’onorevole Di Pietro?». L’associazione stampa parlamentare si associa con una protesta formale. Tutti i sindacati dei giornalisti sono indignati.
Inizia per Tonino la complicata gestione del proprio imbarazzo.
Rientra in aula, siede al suo banco e, all’ora di pranzo, mentre si rialza per scendere, scivola sui gradini e cade. Gli onorevoli testimoni raccontano di un tonfo fragoroso sulla moquette. Sul momento la paura è che qualcuno si sia sentito male. Ma Di Pietro sventola la mano come a dire: non è successo niente, sto bene ragazzi. Con baldanza si rimette in piedi. I suoi gli si affollano intorno.
Uno scherzo della distrazione. Ma rimane la grana con il Tg1. Il leader dell’Idv è costretto a diramare un mea culpa a tutte le agenzie: «Mi scuso con la giornalista del Tg1. Non avevo intenzione di offenderla». Invia tulipani e rose rosse. L’irruenza è dipesa dall’«incalzante elenco di domande postemi» e dalla «questione grottesca» della fotografia.
Poco prima delle cinque ricompare in Transatlantico. Stringe un rotolo di fogli. Verso la buvette, non si ferma con nessuno. Beve un succo d’arancia con troppa foga per gustarlo.
Nell’intervento in aula punta Berlusconi parlando dei «dossieraggi che Lei è tanto bravo a ordinare e sfruttare».
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