Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione, diceva James Russell Lowell il poeta. E Antonio Di Pietro, che oltre a esser vegeto stupido non è, le opinioni le ha cambiate tutte, e tutte sullo stesso tema. A guardarla da fuori, la Val di Susa, si rischia lo strabismo, perché la Tav è necessaria e urgente oppure inutile e dannosa a seconda non tanto di chi ne parla, ma di quando governa. Unendosi al coro di una folta schiera di No Tav che dalla Puglia di Vendola arriva alla Napoli di De Magistris passando per il sacerdozio di don Ciotti, dice oggi Tonino che serve «una moratoria per effettuare una verifica tecnica» sull’opera. Una tregua insomma, durante la quale il governo deve «interloquire con la Ue per valutare l’opportunità del mantenimento del Corridoio 5, perché il progetto risale a 30 anni fa». Peccato che da ministro delle Infrastrutture, Tonino in valle diede il meglio di sé nel senso opposto. E non 30 anni fa, quando in verità il progetto non c’era ancora, ma soltanto cinque, era il 2007 e lui, vera locomotiva del treno veloce, strigliava chiunque temporeggiasse, a partire dal suo collega ai Trasporti, il comunista italiano Alessandro Bianchi. Del resto, ancora due anni fa, era il 2010, l’Idv votò a favore degli emendamenti che impegnavano il governo a procedere spedito sul treno veloce.
E allora eccolo, il Di Pietro dell’altro ieri. «È urgente dar seguito a quello che è un impegno europeo» diceva il 21 giugno 2006, aggiungendo il 31 luglio successivo la sua «preoccupazione per il dissenso fine a se stesso, di chi dice di no solo per una sua ragione di vita esistenziale». A Bianchi che s’attardava dialogando, Di Pietro il 23 gennaio 2007 non le mandò a dire: «Siccome parliamo di un’opera in cofinanziamento europeo e in corresponsabilità con altri stati, i tempi non possono essere dettati solo da esigenze locali o dalla politica nazionale». I contestatori poi non gli piacevano e non ne faceva mistero: «Il problema è uscire dallo pseudo ambientalismo - attaccava il 20 marzo - Ogni volta che si fa qualche cosa si tira fuori la parola ambiente, non per salvarlo ma per conseguire risultati politici». Da che pulpito, vien da dire oggi.
Era così determinato, Tonino, da beccarsi gli strali di Vittorio Agnoletto, che lo definì «un ultras dell’alta velocità». E in effetti lui non vacillò mai. Sferzò più volte i colleghi del governo Prodi a prendere una decisione chiara «perché l’Europa ci guarda». Ci credeva tanto, al treno del Piemonte, da decidere di definanziare altre opere che non avessero lo stesso «requisito di urgenza». A proposito: fra le tratte che all’improvviso persero appeal e soldi, spiccava il Terzo valico di Genova, stoppato dopo 30 anni di progetti e a un passo dal primo scavo del «talpone». Tonino una bella mattina arrivò sotto la Lanterna e a lorsignori genovesi pronti pure ad autotassarsi pur di dare uno sbocco alle merci del porto, disse risoluto: «Abbiamo altre priorità, il Terzo valico si ferma qui». Due giorni fa, prima di abbracciare la moratoria, Di Pietro s’è fatto venire un ripensamento: «E se invece che la Tav in Val di Susa facessimo il Terzo valico a Genova?». Vabbè, c’è il «talpone» che ancora si rigira nella tomba della galleria Flavia. Quando infine, il 19 novembre 2007, la commissione europea ufficializzò il cofinanziamento della Torino-Lione, l’allora ministro esultò: «Obiettivo raggiunto, nonostante i tanti tirapiedi che hanno sempre remato contro e polemizzato a non finire, con il malcelato obiettivo di poter attaccare il governo. È la vittoria del partito del fare».
Bisogna dire che, potenza della ricerca di consensi, Tonino è in buona compagnia. Sarà un caso, ma proprio in questi giorni in cui la sua Idv ha iniziato ad annusare a fini elettorali pure gli sporchi padani, viene in mente che pure la Lega è salita e scesa dal treno in corsa a seconda che fosse di lotta o di governo: contro fino al 2001, a favore fino al 2005, poi con i contestatori e poi contro di loro. Quanto alle ambiguità del Pd, bastano e avanzano le parole di uno (di loro) come Sergio Chiamparino: «Se fossi stato nei panni di Bersani a Vasto avrei detto: cari Vendola e Di Pietro, la foto con voi la faccio solo se dite pubblicamente che siete d’accordo con la Tav». E però vatti a fidare della parola data.
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