Roma - «Dopo di me, colpiscono anche i miei figli». In pubblico si guarda bene dal parlarne, non tanto perché davvero lo reputi opportuno quanto per evitare che possa scattare la ghigliottina del tribunale di sorveglianza che può sempre revocargli i servizi sociali. In privato, però, Silvio Berlusconi è tranchant: al punto dal parlare apertamente di «magistrati in campagna elettorale», contestando non solo le «incredibili richieste» a carico di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi (ieri, nell'ambito del processo Mediatrade, i pm di Milano hanno chiesto tre anni e quattro mesi per il primo e tre anni e due mesi per il secondo) ma pure la «tempistica». Secondo il leader di Forza Italia, dunque, non solo c'è stato un cambio di livello perché, è il senso del ragionamento, la procura di Milano «punta ora sulla mia famiglia» ma si è anche scientificamente deciso di far esplodere il caso a poco più di 48 ore dal voto.
L'ex premier, insomma, continua ad essere convinto che, ottenuta la sua condanna con tanto di affido ai servizi sociali, l'obiettivo siano ora le sue aziende e la sua famiglia. Altrimenti questa la riflessione fatta ieri in quel di Palazzo Grazioli non si spiegherebbe un pm che nella requisitoria ammette l'estraneità ai fatti di Confalonieri e Piersilvio Berlusconi per poi chiederne una condanna ad oltre tre anni di carcere. Non è un caso, dunque, che la responsabile comunicazione di Forza Italia Deborah Bergamini lo definisca «un modo diverso di fare politica» che «non prevede né interviste né comizi» ma «che è ormai altrettanto collaudato». «Come nei regimi asiatici attacca Augusto Minzolini vengono perseguitati anche figli e amici, la cui unica colpa è il rapporto filiale o amicale». Insomma, dice Giovanni Toti, «questa è una campagna elettorale falsata».
Nonostante questo, anche ieri Berlusconi ha continuato la sua maratona elettorale tra tv (in mattinata Omnibus, a sera Matrix e in mezzo le interviste a Tg4 e Tg1) e comizi. Ieri era a Roma al Palazzo dei Congressi dell'Eur ha parlato per quasi un'ora e mezza, oggi invece alle 19 è atteso all'Auditorium di via Corridoni a Milano per la chiusura della campagna elettorale.
Tutte occasioni per continuare con gli affondi a Beppe Grillo e, soprattutto, a Matteo Renzi. Il cambio di passo di ieri, infatti, sembra essere un Berlusconi che decide di spostare il mirino sul segretario del Pd e che vede il suo governo decisamente «a rischio» dopo il voto di domenica. Un esecutivo, o definisce, di «dilettanti allo sbaraglio». E ancora: «Voglio dire chiaro che noi eravamo, siamo e saremo all'opposizione di un governo che ha il volto giovane di Renzi ma che fa solo cose di sinistra». In particolare «sulla politica economica», con «l'aumento delle tasse sulla casa e dell'imposta sui risparmi». Il voto di domenica, aggiunge, «è anche un referendum su quanto fatto da questo esecutivo». In chiave futura, visto che il leader di Forza Italia guarda già alle prossime politiche («che si terranno di qui ad un anno») al punto di elencare i provvedimenti che porterà nel primo Consiglio dei ministri (dall'abolizione dell'Imu alle pensioni minime a mille euro). Un Berlusconi, dunque, che seppure implicitamente non esclude affatto che il risultato delle elezioni europee possa pesare sulla sopravvivenza del governo. Con un ritorno alle urne magari già ad ottobre, al più tardi entro un anno.
Poi ce n'è anche per il leader del M5S che, «parla solo di distruzione». E per l'Europa, perché «la Bce deve iniziare a svalutare l'euro e riportarlo alla parità con il dollaro». Infine, la presa di distanza da Jean Claude Junker, candidato «tedesco» del Ppe alla presidenza della Commissione Ue. «Ho delle perplessità personali sull'uomo», spiega Berlusconi.
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