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"Niente di cui rimproverarci". L'ammiraglio zittisce le "polemiche rosse" sui migranti

Dopo settimane di attacchi, l'ammiraglio Giuseppe Aulicino interviene per difendere l'operato della guardia costiera negli ultimi due naufragi

"Niente di cui rimproverarci". L'ammiraglio zittisce le "polemiche rosse" sui migranti

Dopo essere stata messa sotto accusa dalla sinistra per la tragedia di Cutro, la guardia costiera risponde a tutti gli attacchi piovuti sul corpo nelle ultime settimane, rivendicando la propria indipendenza politica e, soprattutto, l'impegno profuso in mare. L'ha fatto per voce dell'ammiraglio Giuseppe Aulicino, capo del reparto Piani e operazioni della Guardia costiera. I soliti buonisti da solotto non hanno perso tempo a puntare il dito contro i militari italiani, gettando discredito su un corpo sempre in prima linea per il salvataggio di vite umane, a costo dell'incolumità dei suoi uomini. Aulicino, intervistato dal Corriere della sera, ha respinto categoricamente tutte le illazioni della sinistra sull'ingerenza politica sull'operato della Guardia costiera: "Non scherziamo. Il livello politico non ha mai dettato nemmeno una virgola ai nostri centri operativi. Assolutamente mai. Le sale operative prendono le decisioni sapendo che di ogni singola decisione si è poi responsabili penalmente".

"Sono abituato a vedere strumentalizzazioni politiche"

L'ammiraglio ci ha tenuto a sottolineare che ogni decisione viene presa "tenendo presente sempre la cosa più importante, cioè che la salvezza delle vite umane ha la precedenza su ogni cosa. Rispondiamo alle norme, alle convenzioni internazionali, non a qualcuno". Davanti all'insistenza del giornalista sulla possibilità che il clima politico possa influenzare le operazioni in mare, Aulicino è stato ancora più esplicito nella difesa dei suoi uomini: "Sarò più chiaro: non è mai successo che un ministro, Salvini o i precedenti, abbia chiamato per dire di fare o non fare qualcosa". L'ammiraglio è in servizio da oltre 40 anni e in tutto questo tempo ha visto molte storture ma stavolta, come evidenzia lui stesso, si è esagerato: "sono abituato a vedere sulla mia testa giochi politici, nel senso di strumentalizzazioni. So che possono attaccare noi per attaccare la politica. Ma forse stavolta siamo andati un po’ oltre. E, guardi, non lo dico per me. Lo dico per i ragazzi, per chi lavora ogni giorno in mare e sul territorio".

I "ragazzi" a cui fa riferimento Aulicino sono tutti quei guardiacoste che ogni giorno e ogni notte escono in mare, in qualunque condizione, per salvare vite umane e, come accusa l'ammiraglio, "poi vengono messi alla berlina, o chiamati 'assassini'". Ed è proprio per l'impegno che mettono ogni giorno e per la dedizione verso questo lavoro, anche nei due ultimi naufragi, Aulicino non ammette repliche: "Non abbiamo niente di cui rimproverarci". Quindi, ricostruisce quanto accaduto a Cutro, sottolineando che non c'erano certezze sul numero di persone a bordo e la barca non navigava in condizioni di difficoltà, tanto che non sono stati inviati sos da quel caicco, né alla Guardia costiera, né ad Alarm Phone.

"Cutro non era un caso Sar"

Davanti a tutto questo, spiega Aulicino, non c'era un "un caso Sar ma sicuramente un caso da investigare, tant’è che si è mossa la Guardia di finanza, che è in grado di fare valutazioni ed eventualmente agire". Per quanto concerne il naufragio a 100 miglia dalle coste libiche, quindi, a una distanza enorme dall'Italia, Aulicino mette in evidenza che quelle erano acque Sar libiche. Nonostante questo, proprio in nome dell'impegno profuso ogni giorno per salvare le persone, l'ammiraglio ribadisce: "Quando abbiamo ricevuto la segnalazione da Alarm Phone abbiamo immediatamente mandato verso il barchino il mercantile più vicino. Che poi: domandiamoci anche perché i migranti chiamano Alarm Phone e non le nostre centrali operative".

"Sea-Watch chiedeva informazioni operative"

Al centro operativo viene rinfacciato di non aver avuto cortesia nella chiamata con la Sea-Watch, che accusa l'Italia di aver riattaccato. Smentendo ogni ricostruzione soggettiva di quella telefonata, Giuseppe Aulicino ricorda: "Non siamo tenuti a dare informazioni a chi ci chiama. Sea-Watch ci stava chiedendo informazioni operative, eravamo impegnati a salvare vite in mare. Va immaginato anche il contesto di quella chiamata".

Ricordando che in quell'evento la responsabilità era della Libia e che il mezzo adatto della Guardia costiera non avrebbe avuto autonomia sufficiente per andare e tornare, e che tutti gli altri erano impegnati in altre operazioni, Aulicino ha sottolineato che l'Italia ha fatto il suo dovere: "Abbiamo mandato verso il barchino le unità navali più vicine che, ricordo a tutti, sono obbligate a intervenire o commetterebbero omissione di soccorso".

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