Il "poltronista" Saccomanni s'inventa un'Italia a gonfie vele

Il superministro promette ripresa e taglio delle tasse nel 2014: ma tutti gli annunci hanno fatto flop. E polemizza con chi punta l'indice contro i "mandarini di Stato"

Il "poltronista" Saccomanni s'inventa un'Italia a gonfie vele

La ripresa? «Gli indicatori dicono che si materializzerà tra il secondo e il terzo trimestre 2013» sperava a luglio Saccomanni, poi contraddetto dalla realtà: fino a giugno l'Italia è stata in recessione e nei mesi successivi ha raggiunto solo il «traguardo» della crescita zero (calo dell'1,8% rispetto all'anno prima). Dopo, per nulla abbattuto, il ministro ha riprevisto una «piena ripresa» per la fine del 2013, che se va bene segnerà - dicono le stime - uno 0,1% in più, mentre l'Ocse addiruttura prevede un'ulteriore flessione dello 0,9%. Ma Fabrizio Saccomanni, superburocrate pubblico (Bankitalia) prestato alla politica da pochi mesi, ha capito in fretta il trucco dei suoi nuovi colleghi: prometti, qualcosa resterà. Magari, la sua poltrona in via XX Settembre, pericolosamente cigolante. La prima casella del rimpasto alle porte è proprio il ministero del Tesoro, nel mirino non solo dell'opposizione ma soprattutto del segretario Pd («Saccomanni brinda perchè da meno 0,1 siamo a crescita zero. Non voglio fare battute ma è singolare» gli ha fiondato contro Renzi all'ultima assemblea Pd...). Sentendo il fiato sul collo Saccomanni, inizialmente parco di dichiarazioni, ha preso a rilasciare dichiarazioni di un ottimismo raggiante sul futuro dell'economia nazionale. «Il 2014 sarà l'anno della svolta» assicura a Repubblica. Non solo la ripresa «si consoliderà», ma gli italiani «pagheranno meno tasse». A quale condizione, però? «La stabilità politica», cioè che non cambi il governo (compreso il ministro dell'Economia). Le previsioni sul 2014 dicono tuttavia che l'Erario incasserà 2,1 miliardi di euro in più da nuove tasse, rimodulazione di vecchie imposte e aumenti. Anche sull'Iva Saccomanni era stato ottimista: «Manterremo gli impegni sull'Iva» disse a giugno, per poi ribadire a settembre «troveremo un miliardo per scongiurare l'aumento dell'Iva». Poi puntualmente aumentata il 1 ottobre, dal 21% al 22%.

In un sondaggio di Datamedia Ricerche sul gradimento dei ministri, Saccomanni si è piazzato penultimo (28%) in compagnia di Zanonato, battuto anche dalla Kyenge. Zero empatia anche con la stampa (il direttore del Corriere della sera De Bortoli in un editoriale parlò di «repubblica dei mandarini», a lui a Repubblica replica che il problema non sono «i famigerati mandarini ministeriali»). Malgrado la grancassa ingaggiata dall'ex direttore generale della Banca d'Italia per restare in sella. Che abbandonati i grigi uffici per sbarcare in tv, anche nei programmi popular, pur di far arrivare il suo messaggio di ottimismo sui conti pubblici. «Quando leggo i giornali mi sembra di sentire il Dies irae dal Requiem di Verdi - spiegò a Domenica In -. Ma in Italia oggi molti cantano All'alba vincerò e spero l'anno prossimo canteremo l'Inno alla gioia dalla Nona di Beethoven». Ottimismo a piene mani anche ospite da Fazio su RaiTre a ottobre («Crisi finita, ora la ripresa»), proprio lì dove Maradona gli aveva fatto il gesto dell'ombrello per la sua lite col Fisco («mi sono sentito personalmente offeso» dirà il ministro). Altri cortocircuiti di «Gelatina» Saccomanni. «Ha avuto problemi con i Comuni?» gli hanno chiesto. «Non c'è mai stato un vero problema» ha risposto. Salvo poi leggere questa nota di Fassino, presidente dell'Anci: «Basta con la tecnocrazia ministeriale che ha preso di punta i Comuni, a cominciare dal ministro Saccomanni, che un atteggiamento pregiudiziale verso i sindaci». Ma non c'è nessun problema. Alla fine una fetta di italiani hanno pagato l'Imu sulla prima casa, un «piccolo onere» che però non si ripeterà più («Mai più, assolutamente) ha assicurato Saccomanni. Nella Stabilità però sono spuntate nuove tasse anche sulla prima casa (Tares, Tasi), con un onere complessivo sulle abitazioni più altro del 193% rispetto alla vecchia Imu. Sembravano rosa, o almeno grigio chiaro, le previsioni del ministro sul debito pubblico.

«L'Italia sta facendo passi avanti sul fronte del debito pubblico» assicurava ad inizio dicembre. Nemmeno una settimana dopo Bankitalia certificava però il nuovo record: debito pubblico a 2.085 miliardi. Ma in economia ci vuole ottimismo. Anche per restare al ministero un altro anno.

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