Beata lei. Miuccia Prada, a quanto scrive la giornalista Carol Vogel del New York Times, martedì sera si sarebbe aggiudicata all'asta una tela di Barnett Newman. Beata lei non tanto perché il dipinto sia particolarmente emozionante: una tela completamente colorata di blu. Fine. Ma i gusti son gusti e c'è chi perde la testa per un Caravaggio e chi per un pannello blu dipinto di blu. Beata lei perché per l'opera in questione ha potuto staccare un assegno di ben 43,8 milioni di dollari, parenti di 34 milioni di euro. Alla faccia della crisi. Ognuno, comunque, spende i propri soldi come vuole. Niente da dire, quindi, sulla decisione di Miuccia di battere il record dei record per l'artista espressionista astratto il cui lavoro è stato battuto da Sotheby's un paio di giorni fa. Per anni le opere di Newman furono massacrate dalla critica. «Sono soltanto colori stesi uniformemente su una parete». Più che pittura roba da imbianchini, insomma. Poi, come sempre accade agli artisti, in tempo di morte ci fu una incredibile rivalutazione. I suoi dipinti cominciarono a volare e valere. Su, su, sempre più su. Fino ad arrivare alla cifra colossale pagata qualche giorno fa da Miuccia Prada, stilista milanese e a capo di una delle case di moda più blasonate del mercato internazionale. È attualmente, secondo la rivista Forbes, al terzo posto nella lista delle persone più ricche d'Italia con 12,4 miliardi di dollari e al 78° posto tra le persone più ricche al mondo. Si tolga pure il vezzo, quindi, di acquistare quello che vuole e a qualsiasi prezzo. Con un vantaggio in più: non le arriverà di certo il biasimo da parte di certa sinistra, sempre pronta a condannare lo scialacquo di denaro. Pare già di sentirli: «Con tutta la gente che fa fatica ad arrivare alla fine del mese... Con i cassintegrati che non sanno neppure se a loro è garantito l'assegno da fame...». No, questa volta il pauperismo sinistrorso non darà fiato alle trombe, c'è da giurarci. Miuccia Prada fin dagli anni Settanta girava a Milano con in tasca la tessera del Pci e sottoscriveva le battaglie femministe. Radical ma chic. Sì, insomma, sventolava il libretto rosso di Mao con la stessa facilità con cui sventola il libretto degli assegni. Per l'arte, poi. «La moda mi sta stretta», ha sempre detto Miuccia, giustificando la sua passione per l'arte, scaturita nella Fondazione Prada Milano: dal 1995 un'istituzione nel campo dell'arte contemporanea.
Miuccia la Rossa sarà perdonata per i suoi vezzi milionari anche perché, scaltra, a chi le rimproverava un conto in banca stratosferico ha sempre risposto a modo: «Capisco che il sentimento del possesso non sia nobile, ma io amo avere gli oggetti che mi piacciono». Le sarà sufficiente per mettere la sordina alle critiche gauchiste? Forse no, visto che nel 2010 ammise: «La cultura di sinistra italiana ha smesso di essere interessante tanto tempo fa». Non solo. Tempo fa incrociò la spada con un altro campione della sinistra al caviale, Natalia Aspesi.
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