Stizzito e tranquillizzante. Col suo solito aplomb condito d'ironia, ma al tempo stesso sereno e determinato. Un Mario Monti pronto, forse, a nuove sfide: il Quirinale in primis, che Napolitano lascerà in primavera; ma forse anche, sotto l'ala di Casini, di Montezemolo, e di quanti da mesi tifano per un bis dell'esecutivo dei Prof, un secondo mandato, senza candidarsi a premier perché non può essendo senatore a vita ma con un pool di liste a sostegno. Una mossa, quest'ultima, che se fosse vera (e non sembra da escludersi, visto che da ambienti vicini al Prof si dice che «su questo nessuna decisione è stata presa») spariglierebbe i giochi a tutto campo: da un lato Berlusconi, che ha deciso di tornare in prima linea nell'agone candidandosi ancora una volta a Palazzo Chigi; ma dall'altro anche Pier Luigi Bersani, che a una settimana dalle primarie tanto faticosamente conquistate si ritroverebbe con un pugno di mosche in mano.
Saranno le mosse delle prossime ore a svelare quali siano i progetti del Professore. Monti, negli ultimi mesi non ha mai escluso la possibilità di un mandato bis. E questa accelerazione verso la crisi, dopo che il giorno prima il Quirinale aveva lasciato intendere che si poteva profilare, Monti permettendo, una crisi pilotata con voto il 10 marzo, non era attesa. Monti non ha permesso. E del resto, la sua stizza per il pollice verso del segretario del Pdl Angelino Alfano, di fatto una sfiducia, era già stata chiara venerdì sera. «Il re Sole si è un po' allontanato da me», aveva commentato amarissimo dal foyer della Scala. Un prologo piccato che, nella giornata di ieri, ha avuto poi in serata l'epilogo più naturale: il Pdl mi sfiducia, allora varo delle norme economiche e via, me ne vado io. Anzi, di più. Secondo fonti ministeriali quello di Monti sarebbe stato un vero e proprio «non ci sto»: non ci sto a galleggiare, non mi faccio impallinare, quindi lascio io in modo da avere «mani libere» e da poter dire ciò che penso. In questo quadro, non sembra esclusa la discesa in campo diretta. Ci sarebbe, anzi, per la settimana prossima, già un appuntamento con i filomontiani del Pdl, e qualche colloquio ci sarebbe stato già con alcuni ministri.
Aveva ostentato tranquillità, ieri, Monti, al World Policy Conferenze di Cannes. Ma che lo schiaffo del Pdl gli bruciasse era evidente: «Alcuni pensano che sia curioso che un premier a cui uno dei tre partiti della maggioranza ha tolto l'appoggio si trovi all'estero...», aveva esordito, sibillino. Quasi un bilancio, di un anno di attività e dei miracoli del suo governo, a cominciare da quello di essere stato sostenuto da una maggioranza che è andata ben oltre gli schieramenti. Monti ha ricordato che un anno fa Napolitano ha messo d'accordo Udc, Pd e Pdl, tre partiti «due dei quali non solo non si parlavano» ma si combattevano apertamente in Parlamento». Tranquillizzante, Monti: sul «no» al ricorso dello scudo antispread «nonostante le recenti piccole increspature», sulla sicurezza delle riforme future nonostante il ritiro della fiducia da parte del Pdl: «Il ritiro dell'appoggio introduce un elemento molto importante, ma vorrei che non vi sfuggisse il risanamento di bilancio fatto in un anno». Tranquillizzante ma stizzito.
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