Il presidente del Lazio chiede l'approvazione dei tagli e l'operazione repulisti

RomaStanca, prostrata dalla faida scoppiata nella sua maggioranza, annichilita anche nel fisico da una lunga settimana di passione ma per niente disposta ad accollarsi quelle che considera colpe non sue. È una lunga giornata di tensione quella vissuta da Renata Polverini. Una sorta di redde rationem con i protagonisti della «sprecopoli» laziale, tutta giocata sul filo di una vera e propria guerra di nervi, di messaggi a distanza e di dimissioni agitate ad arte per far capire che non esiste alternativa a una rivoluzione interna al consiglio regionale.
Il casus belli è la riunione dei capigruppo convocata in mattinata per discutere le misure da approvare nel Consiglio di domani. Un appuntamento in cui qualcuno tenta di far passare una proposta diversa da quella annunciata lunedì scorso. In pratica invece di tagliare le commissioni da 16 a 8, viene presentato un provvedimento che prevede il mantenimento di 10 commissioni. È quella la goccia che fa traboccare il vaso. Renata Polverini prima ha un colloquio telefonico con Angelino Alfano e Silvio Berlusconi (che in tutti i modi le chiede di aspettare prima di prendere decisioni definitive), poi fissa un appuntamento con Annamaria Cancellieri per informarsi sulle modalità delle elezioni anticipate e «prendere le misure» del voto. Infine si barrica con la ristretta cerchia dei suoi collaboratori per otto ore. Un tempo infinito durante il quale viene fatta circolare la voce secondo cui avrebbe convocato gli assessori comunicando loro le imminenti dimissioni. «Preparate gli scatoloni» la frase che compare sui dispacci di agenzia con tanto di possibile conferenza stampa per il clamoroso annuncio. Un'indiscrezione poi smentita dai diretti interessati. Il giallo si infittisce. Ma il messaggio vero la Polverini lo trasmette puntuale ai vertici del Pdl: «Voglio i fatti oppure questa storia finisce oggi». Una minaccia utile ad aumentare la pressione e ad ottenere i suoi veri obiettivi. Quali? In primis l'approvazione in aula dell'intero pacchetto di tagli già annunciato. In secondo luogo la sostituzione dei presidenti delle commissioni. In terzo luogo le immediate dimissioni di Franco Fiorito e di Francesco Battistoni. Ma anche, in prospettiva, quelle del presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese. Una sorta di repulisti con cui chiudere una pagina e trasmettere il segnale di un nuovo inizio. Un azzeramento delle cariche interne, quindi, ma anche un impegno a una pacificazione tra le varie anime della sua maggioranza impegnate in una guerra fratricida senza esclusione di colpi e di rivelazioni incrociate anche sulle spese della presidenza della Regione.
La minaccia delle dimissioni, però, non è soltanto strategia. Renata Polverini, infatti, sa bene che si trova di fronte a un bivio. Tanto più in un momento in cui si rincorrono le voci su possibili, future intese tra Città nuove (il suo movimento) e l'area centrista capitanata da Pier Ferdinando Casini, con cui da tempo alimenta un intenso dialogo. Peraltro nelle sue intenzioni l'ordine del giorno taglia-costi sarebbe soltanto il primo tempo di un film ancora tutto da girare.

Il sequel prevederebbe un altro affondo sui vitalizi, sugli enti inutili e sulle comunità montane (c'è chi fa notare che ancora resiste la comunità montana di Terracina, nota località di mare sul litorale laziale). Insomma qualora la Polverini non dovesse ottenere un segnale forte nelle prossime 48 ore, staccare la spina sarebbe inevitabile. Pena la sua scomparsa dall'orizzonte politico.

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