Privatizzare la Rai: sogno da 2 miliardi. Ma tutti dicono no

Mediobanca ha calcolato quanto incasserebbe il Tesoro vendendo la televisione pubblica. Contrari, per motivi opposti, Pdl e sindacati

Privatizzare la Rai: sogno da 2 miliardi. Ma tutti dicono no

Quando c'è di mezzo la Rai si torna subito a dividersi su fronti opposti, a immaginare oscuri disegni e inquietanti scenari. Altro che larghe intese, in Viale Mazzini dominano le strette contese. Ieri Mediobanca ha diffuso un rapporto con il quale, dati alla mano, suggerisce la privatizzazione della tv pubblica. Immediate le levate di scudi. Il consigliere d'amministrazione Antonio Verro del Pdl ci vede «un brutto segnale, legato anche ad alcuni articoli di Repubblica che di recente hanno vagheggiato l'ipotesi di una vendita della Rai». Per contro l'Usigrai si chiede «se dietro questo “suggerimento” di Mediobanca non si nascondano conflitti di interessi. Sarà un caso, ad esempio, che tra gli azionisti di Mediobanca ci sia anche Fininvest?». Le barricate sono pronte ed ecco perché, difficilmente, la Rai potrà mai essere riformata. In questo caso, però, la barricata è unica. Per motivi opposti Pdl e Usigrai sono entrambi contrari alla privatizzazione. E fin qui sarebbe una larga intesa. Ma ogni schieramento individua un mandante occulto nel campo avverso e il merito della questione non viene nemmeno preso in esame.

Invece, per gli analisti di Mediobanca, la Rai vale circa 2,47 miliardi di euro e, dalla sua vendita al netto dei 366 milioni di debiti registrati al 31 dicembre 2012, lo Stato potrebbe incassare «circa due miliardi di euro», alleggerendo contemporaneamente il proprio bilancio da una partecipazione che l'anno scorso ha prodotto 244 milioni di perdite. Stimolati dalla chiusura della tv di Stato greca, peraltro ora riaperta, gli studiosi di Piazzetta Cuccia hanno provato a dare un valore alla Radiotelevisione italiana. In tempi di vacche scheletriche, la curiosità ha significato soprattutto nell'ottica di quanto potrebbe entrare nelle casse del Tesoro, titolare della convenzione di servizio pubblico, ma al contempo alla perenne ricerca di risorse per finanziare la crescita e ridurre la pressione fiscale.

Al termine di una serie di complicati calcoli basati su coefficienti di valutazione analoghi a quelli applicati dagli altri competitor televisivi europei, Mediobanca conclude che «la privatizzazione della tv di Stato permetterebbe al governo italiano di incassare circa 2 miliardi di euro». La stessa banca d'affari non si nasconde tuttavia le difficoltà che incontrerebbe una privatizzazione totale. Esistono pesanti «risvolti sociali» («sono coinvolti più di 13mila lavoratori e non saremmo sorpresi se i sindacati minacciassero diversi giorni di sciopero») e «politici» («il potere esercitato dal Parlamento sulla Rai è tradizionalmente notevole») che frenano una vendita in blocco. Così gli analisti suggeriscono cessioni parziali di alcuni asset. La sola vendita di Ray Way, proprietaria delle torri di trasmissione, vale 600 milioni di euro. Un'altra via percorribile è combattere l'evasione sul canone che, secondo un report di Krls Network of Business Ethics, ha raggiunto nel 2012 il livello record del 44 per cento. «Se il governo dimezzasse questi numeri, tornando ai livelli del 2005, incasserebbe 600 milioni l'anno», osservano gli analisti.

In passato si sono più volte prospettati piani di privatizzazione parziale, suggerendo la separazione dei contenuti finanziati dagli introiti pubblicitari da quelli sostenuti dal canone. Si potrebbe così mettere sul mercato una o due reti e mantenerne una finalizzata al servizio pubblico. Che, in un sistema in cui agiscono numerosi soggetti privati, italiani e stranieri, potrebbe continuare a essere un arricchimento. Tuttavia, come ammette anche Verro, «il combinato disposto della pubblicità in calo e delle aziende che perdono valore» può «spingere qualcuno a ipotizzare una svendita della Rai». Se «in tutta Europa il servizio pubblico televisivo coincide con la proprietà pubblica delle aziende un motivo ci sarà», osserva il consigliere di area centrista Rodolfo De Laurentiis.

«La scommessa semmai non è vendere, quanto rendere la Rai uno strumento più efficace ed economicamente sostenibile rispetto al suo ruolo e alla sua funzione». Magari liberandola una volta per tutte dal soffocante controllo della politica. Utopia?

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