RomaPer i magistrati che sbagliano non una responsabilità civile «diretta», ma la rivalsa «obbligatoria» sui singoli da parte dello Stato che risponde in prima battuta per il risarcimento dei danni causati da errori giudiziari.
Potrebbe essere questa la proposta del Csm, che vuole entrare nella delicata partita per modificare la legge del 1988, rimasta finora lettera morta. Dopo il via alla procedura d'infrazione contro l'Italia della Corte di giustizia Ue la strada è obbligata. E Palazzo de' Marescialli si prepara a fare la sua mossa, cogliendo anche l'invito di Giorgio Napolitano (che dell'organo di autogoverno delle toghe è presidente) a un atteggiamento più «propositivo» della magistratura e delle sue istituzioni sulle riforme della giustizia. D'altronde, il premier Enrico Letta nel suo discorso per la fiducia della scorsa settimana ha preso chiaramente un unico impegno in questo campo: quello appunto di correggere la legge 117, come ha imposto già a novembre 2011 una sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo.
Oggi, dunque, sarà presentata al Comitato di presidenza del Csm l'ipotesi di riforma studiata dal laico Pdl Nicolò Zanon, che dovrebbe essere firmata anche dal togato del Movimento di giustizia Aniello Nappi. Un costituzionalista del centrodestra e un magistrato del centrosinistra, che hanno avuto un informale via libera dal plenum di 10 giorni fa, in cui si è discusso delle conseguenze della procedura d'infrazione Ue. E in quella riunione in molti, compresi il vicepresidente Michele Vietti e il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, si sono detti favorevoli ad un'iniziativa del Csm.
Formalmente, si tratta della richiesta di apertura di una pratica per una proposta al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. L'iter dovrebbe iniziare in Sesta Commissione, competente per le proposte di riforma e l'armonizzazione con il diritto Ue.
Zanon cita gli inviti di Napolitano alle istituzioni «rappresentative» della magistratura a collaborare alle riforme e spiega: «Invece di elaborare pareri critici e oppositivi su progetti di legge all'esame delle Camere, che alimentano la sensazione di un'ingerenza indebita, per modalità e tempistiche, sul lavoro parlamentare, il Csm dovrebbe portare al Guardasigilli una proposta meditata ed equilibrata».
L'obiettivo sarebbe quello di ampliare la possibilità per il cittadino di ottenere effettivamente un risarcimento del danno di giustizia, cosa che non avviene quasi mai se dal 1988 le condanne si contano sulle dita di una mano, anche perché la stragrande maggioranza delle cause viene bloccata grazie ad un filtro che entra nel merito delle vicende. Nella nuova versione della legge, invece, il giudizio di ammissibilità riguarderebbe solo «azioni pretestuose ed infondate», cioè la competenza e i presupposti necessari e non sarebbe «un'anticipazione del giudizio vero e proprio».
Sul punto cruciale del «chi paga» si propone un compromesso. Accantonata la via impraticabile del risarcimento diretto delle toghe (già l'anno scorso il Csm bocciò la norma Pini in questo senso) si prevede che lo Stato risponda non solo nei casi di «dolo o colpa grave» com'è oggi ma, secondo le richieste dell'Europa, in tutti quelli di «violazione manifesta del diritto vigente». Perché la formula non sia troppo «ampia» la si lega non ad una tipizzazione per legge, ma allo «sviluppo della giurisprudenza». Però, l'azione di rivalsa diventerebbe obbligatoria nei confronti dei magistrati che hanno causato «un danno ingiusto con dolo o colpa grave». E questo secondo 4 casi-tipo: grave violazione di legge per negligenza inescusabile; affermazione di un fatto escluso dagli atti del procedimento; negazione di un fatto che risulta dagli atti; provvedimento sulla libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge o senza motivazione.
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