Roma - Piazza del Popolo stracolma così come le salite sopra la fontana della Dea e anche la terrazza del Pincio. Piazzale Flaminio semibloccato da una folla colorata e caotica che ricorda più un corteo sindacale anni Settanta che una dimostrazione datoriale. «Per ritrovare una iniziativa di questa portata - ricorda un artigiano - bisogna tornare indietro al '92, con i 100mila commercianti, artigiani e impreditori che invasero Milano contro la minimum tax».
Ieri in piazza a Roma, sotto lo slogan «Senza impresa non c'è Italia, riprendiamoci il futuro», erano in 60mila, chiamati dalle cinque organizzazioni che aderiscono alla Rete imprese Italia: Confesercenti, Confcommercio, Cna, Casartigiani e Confartigianato.
Tutti lavoratori «veri», scherzava un organizzatore. Facile il paragone con le maxi manifestazioni sindacali degli ultimi anni, zeppe di pensionati organizzati e studenti. Ieri, in una delle piazze più belle di Roma c'era quasi esclusivamente popolazione attiva. Pochi anziani e giovanissimi, tanta età di mezzo, quella che di solito evita bandiere e striscioni. Trenta-sessantenni in giacca e camicia con le maniche arrotolate, tute e caschi da lavoro, accenti di tutta Italia.
I piccoli imprenditori (in realtà la fetta più grande del Pil e dell'occupazione privata) non si sono tirati indietro nemmeno di fronte a un inconveniente non da poco: non c'è un interlocutore contro cui scagliarsi, se non la politica in genere. Il governo Letta è dimissionario e quello di Renzi non ha giurato.
Ma non hanno rinunciato a mandare messaggi precisi al premier in pectore. «Oggi in piazza siamo in tanti. Ma se non avremo risposte ci ritroveremo ancora e saremo sempre più numerosi e più determinati», è l'avvertimento del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. «Senza consumi, senza credito, senza legalità, senza riforma fiscale non c'è futuro ed è a rischio la pace sociale».
Marco Venturi, presidente di Rete imprese italia e di Confesercenti: «Andiamo in piazza perché non ce la facciamo più». Il governo e il Parlamento «devono prendere atto che, fuori dalle stanze della politica, c'è un Paese che sta soffrendo». Renzi, una volta insediato, «deve convocarci immediatamente» per affrontare i temi più urgenti: il «fisco, che spinge imprese a chiudere perché non ce la fanno più. Va riformato e ridotto. Poi la pubblica amministrazione, la semplificazione».
Le imprese del commercio, dell'artigianato e dei servizi daranno anche indicazioni su dove tagliare: «Siamo pronti a confrontarci, sugli sprechi ma anche su una razionalizzazione delle istituzioni molto radicale. Mi pare che il presidente incaricato abbia accennato all'eliminazione delle province, dei comuni da accorpare così come le società di servizio», osserva Venturi.
D'accordo il presidente di Confartigianato: «Le imprese hanno risparmiato, perché non può farlo il pubblico? Renzi dovrebbe cominciare proprio dai tagli alla spesa», avverte Giorgio Merletti che ha anche lanciato un titolo provocatorio per i social network: «Al presidente del Consiglio incaricato, Matteo Renzi, lancio un hashtag: «Matteostaipreoccupato». Premessa per dire: Se non abbasserai le tasse alle piccole imprese ti faremo nero.
Non ne possiamo più, come imprenditori e cittadini, di essere soffocati dalle tasse e dalla burocrazia. Ci hanno rotto i coglioni». Sfogo accolto da un'ovazione che la dice lunga sul clima che c'è tra chi crea la ricchezza del Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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