Milano - Un gesto deciso, ma garbato. La protesta di un figlio a cui bambino di sette anni quattro colpi di 357 Magnum hanno portato via il padre con la ferocia che solo la politica sa raggiungere quando s'intreccia con la finanza e si inabissa nei gorghi più fangosi dell'illegalità. Storie della storia d'Italia che il Divo Giulio s'è portato con sé e che raccontano del banchiere siciliano Michele Sindona, di massoneria e di Giorgio Ambrosoli eroe borghese. Un passato tornato cronaca ieri nel consiglio regionale della Lombardia dove Ambrosoli figlio (Umberto) è coordinatore del centrosinistra dopo aver perso la corsa a governatore con il leghista Roberto Maroni. «Oggi l'Italia - ha aperto la seduta il presidente Raffaele Cattaneo - perde un protagonista assoluto della sua storia. Una storia e un uomo che vogliamo ricordare con un atto di omaggio anche da parte di questo consiglio regionale. Per questo vi chiedo un minuto di silenzio». Una commemorazione a cui Ambrosoli si rifiuta di partecipare. E senza strafare esce silenzioso dall'aula. Un'assenza che non si può non notare. Da notare, piuttosto, la dichiarazione troppo dura di un Maroni che deposte ampolle e riti celtici forse oggi si riscopre democristiano. Magari proprio di rito andreottiano. «Non è stato un gesto elegante nei confronti di un politico che ha segnato la storia d'Italia. Io l'ho conosciuto quando era presidente del Consiglio nel 1991, ha rappresentato la storia della Repubblica italiana. È un politico che merita rispetto».
«È giusto il ricordo delle istituzioni - dice Ambrosoli nel corridoio del parlamentino - ma le istituzioni sono fatte dalle persone che hanno una storia e una coscienza. a mia storia e la mia conoscenza mi impongono di assumermi la mia responsabilità. E di uscire». Il ragionare piano e i toni pacati che sono nell'indole dell'avvocato che la politica vuol strappare al foro dove si è guadagnato rispetto e stima. «Ho una storia personale che si mischia» con i lati oscuri di quella di Andreotti, «ma non è il caso di fare polemiche: è giusto e sacrosanto che le istituzioni ricordino gli uomini delle istituzioni, ma chi ne fa parte faccia i conti con la propria coscienza». Il passato in un orfano bambino non si rimuove. Papà Giorgio commissario liquidatore della Banca privata italiana e ucciso dai sicari di Michele Sindona nel 1979 stride con la santificazione in consiglio. Andreotti che benediceva il bancarottiere Sindona «salvatore della lira». E poi a bruciare è quell'Andreotti che al La Storia siamo noi su Rai2, alla domanda «secondo lei perché Ambrosoli è stato ucciso?» rispose che «certo era una persona che in termini romaneschi io direi se le andava cercando». Le scuse? «Non mi erano poi sembrate propriamente della scuse - diceva ieri Ambrosoli - D'altro canto ognuno giustifica la propria storia». Ma da ieri il video di quell'insolitamente incauto Andreotti impazza su internet.
«Francamente sorpreso» Cattaneo, il presidente dell'aula che è un ciellino doc, uscito dalla covata di quel Roberto Formigoni che considera Andreotti è il suo vero maestro.
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