Cronache di un'avventura cominciata male, che rischia un epilogo ancor peggiore: una vera tragedia politica dai tratti a volte comici. Lunedì sera, in un'aula di Montecitorio deserta in attesa che finisca la conferenza dei capigruppo, va in scena una seduta di autocoscienza collettiva dei deputati del Ncd. Sono in tanti: Fabrizio Cicchitto, che tiene banco, e poi Saltamartini, Vignali, Misuraca, il viceministro Casero. Proprio quest'ultimo offre lo spunto per uno sfogo di Cicchitto: «In queste settimane - esordisce - non abbiamo avuto una linea economica. In commissione tu Casero non ti sei mai fatto vedere, hai latitato. Casini su casini e ora ne scoppierà un altro al ministero dell'Interno... Per non parlare della polemica sulle slot machine: Angelino è intervenuto dopo Renzi. Addirittura 24 ore dopo. Troppo...».
In questo crescendo di recriminazioni Cicchitto, senza ascoltare le giustificazioni di Casero, prende al volo l'occasione per fare una telefonata collettiva ad Angelino Alfano. Più che una telefonata è un grido di allarme, disperato: «Angelino sono qui alla Camera a fare il cog... (l'espressione è facilmente intuibile, ndr) tra i cog... Qui crolla tutto. Il governo e non solo. I grillini stanno mettendo a soqquadro il Parlamento perché si sono accorti della norma sugli affitti d'oro. Sono tutti incazzati con noi. Sulla casa quasi sicuramente saranno alzate le aliquote di tassazione. La Confindustria è fuori di sé perché è stata allargata la platea che usufruirà dell'intervento sul cuneo fiscale anche ai pensionati. Ne è venuta fuori una misura debole, annacquata per accontentare i sindacati che, comunque, restano incazzati con noi. Senza contare che i risparmi sulla spending review finiranno per essere assorbiti non da interventi per ridurre le tasse, ma dalla spesa corrente». All'altro capo del telefono Alfano cerca di difendere qualche risultato ottenuto da Ncd, ma Cicchitto non sente ragioni: «No Angelino, la verità è che non contiamo niente. Dobbiamo riunirci. E me ne fotto delle marchette!...Anche perché quelli del Pd le hanno fatte solo per loro». Insomma, al di là dei discorsi ufficiali e della retorica di rito, questo episodio (eviterei smentite perché ci sono i testimoni), apre uno squarcio su una maggioranza che non funziona e, a sentire gli interessati in questi rari momenti di sincerità, sa di non funzionare. Ma va avanti lo stesso, in una recita sempre meno convincente e con gli attori sul palcoscenico sempre più svogliati. Questa maggioranza residuale non è nulla di più che una toppa non riuscita al fallimento delle larghe intese. Dei discorsi e delle speranze che diedero vita otto mesi fa a questo governo non è rimasto più niente, se non la pervicace - e cieca - volontà del capo dello Stato, e del premier, di non ammettere la sconfitta. La parte di gran lunga maggioritaria del centrodestra, infatti, è passata all'opposizione per salvarsi dagli errori di un esecutivo incapace di rimettere in moto l'economia del Paese. Contemporaneamente, il Pd ha cambiato leader e politica e, almeno su un punto, il neo-segretario Matteo Renzi è sincero: non ha mai creduto e non crede a maggioranze che mettano insieme il diavolo e l'acqua santa; anzi, le considera estremamente nocive. Tant'è che cerca il consenso - siamo al paradosso - lanciando bordate sul governo.
Quindi, restano Alfano e i suoi a guardia di un bidone vuoto. Di un esecutivo a cui nessuno crede più: non ci crede il principale alleato che, infatti, li sfotte un giorno si è un altro no; ma, soprattutto, questo governo non ha neppure la fiducia di un italiano su quattro. Nell'ultima settimana l'indice di gradimento è passato dal 23,5 al 22% secondo Euromedia research: siamo di fronte probabilmente al governo più impopolare di questo Paese da quando i sondaggi sono stati applicati alla politica. In queste condizioni c'è da chiedere agli esponenti del nuovo centrodestra, vale la pena di andare avanti? Sicuramente da questa stabilità «del cimitero» (per usare le parole del Wall Street Journal) il Paese non trae alcun beneficio. E non ne trae neppure il centrodestra a cui gli esponenti di Ncd continuano a dire di fare riferimento.
Anzi, le contraddizioni si moltiplicano: come si può immaginare di mettere in piedi in futuro una coalizione insieme, quando in questi giorni Alfano e Schifani stanno tentando di escludere Forza Italia dal confronto sulla legge elettorale? E questo è solo l'ultimo espediente di Palazzo per tenere in piedi un esecutivo che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica del Paese non vuole più.
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