diT elevisivamente parlando il derby democratico tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani è stato un successone. Oltre 6 milioni e mezzo di telespettatori con il 22,85 per cento di share se li aspettavano in pochi. Segno che quando la politica si mette «di nuovo in gioco» come direbbe Clint Eastwood, il pubblico si appassiona. Festeggia Alberto Maccari, direttore del Tg1 alla vigilia del passaggio del testimone al neonominato Mario Orfeo. Rosicano Bruno Vespa ed Enrico Mentana, lo specialista, il quale ieri ha postato su Twitter che «il confronto su La7 non si farà perché Bersani ha declinato l'invito... un duello basta e avanza». E, visto com'è andata, si può pure capirlo.
Se il Confronto su Sky era stato ribattezzato come l'X Factor del centrosinistra, il Faccia a Faccia dell'altra sera tra Renzi e Bersani è parso una sorta di La pupa e i secchioni. Tanto asciutto era stato Gianluca Semprini nel porgere le domande e nello stoppare gli sforamenti dei magnifici cinque, quanto morbida nell'interrogare i duellanti è parsa Monica Maggioni. Sono due modi diversi d'impostare il dibattito, favoriti dalla location, la regia, le luci. Al Teatro della Luna, una certa distanza anche fisica tra il conduttore e i candidati instaurava una visione più fredda. Il format nitidamente anglosassone suggeriva che c'è distanza tra l'informazione e la politica. Agli studi della Dear, la vicinanza tra la conduttrice, pur competente, e i suoi dirimpettai, ha introdotto un'atmosfera più confidenziale che ha avuto la sua apoteosi nelle domande personali al limite del gossip, in chiusura di serata. Tra l'informazione Rai e la politica c'è più contiguità. Inoltre, lo studio è parso troppo pasticciato, con i loghi della casa in bella vista, i vidiwall con le immagini di repertorio, i continui applausi delle tifoserie, i collegamenti con i circoli dei supporter. Persino le formule delle domande, alla fine, sono risultate confuse, quelle da due minuti della redazione del tg, quelle arrivate via web, quelle dei fan in collegamento, quelle da trenta secondi. Troppo.
Dopo il Confronto di quindici giorni fa c'è stato chi ha parlato di «rivoluzione» e di «punto di svolta» decretando addirittura la fine dei talk show. Quasi che tutta l'informazione politica dovesse d'ora in avanti seguire quel modello. È vero, la formula del faccia a faccia è più diretta di quella del normale salotto che si ripete da anni uguale a se stessa, replicando in tv l'alchimìa dell'arco parlamentare. Nei duelli invece i politici si misurano alla pari, su argomenti chiari e per il pubblico risulta più avvincente seguire il match e decretare un vincitore.
Ma è un errore che non si ripeterà dopo l'esperienza di Raiuno.
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