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Pure la Cassazione è anti Cav «I processi restano a Milano»

RomaAccanimento giudiziario? Legittimo sospetto? Macché, per la Cassazione i magistrati di Milano che devono giudicare Silvio Berlusconi sono del tutto imparziali. E i processi Ruby e Mediaset, finora sospesi, dovranno rimanere nel tribunale meneghino. Il primo riprenderà il 13 maggio, l'altro proprio domani.
La Suprema corte ha dunque respinto il ricorso dei legali del Cavaliere, che chiedevano di trasferire a Brescia i due procedimenti per legittimo sospetto.
Ma gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo hanno pronta una contromossa. E preannunciano che chiederanno un nuovo rinvio domani, alla ripresa del processo in appello sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv da parte del gruppo Mediaset. Sostengono, infatti, che si debba attendere il verdetto della Consulta sul conflitto di attribuzione sollevato nel 2011 dalla Presidenza del Consiglio, dopo che il tribunale aveva respinto un legittimo impedimento dell'ex premier.
Nel ricorso in Cassazione per il trasferimento a Brescia dei due processi la difesa del leader Pdl affermava che i giudici milanesi non possono essere sereni nella loro decisione, perché hanno ampiamente dimostrato di non essere super partes nei confronti dell'imputato.
Il ricorso citava alcuni atteggiamenti e certe frasi pronunciate in aula dai giudici, le ordinanze con cui sono stati negati i legittimi impedimenti, le clamorose visite fiscali per Berlusconi ricoverato al San Raffaele per l'uveite, la sentenza del caso Unipol in cui non gli sono state concesse le attenuanti generiche, oltre alla fissazione di quattro udienze in sette giorni nel processo Ruby e alcune dichiarazioni fatte in aula dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal presidente del collegio, Giulia Turri.
Ma tutto questo non convince la Sesta sezione penale della Cassazione. Già l'accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Giuseppe Volpe, chiede di respingere l'istanza di trasferimento dei processi, nell'udienza a porte chiuse durata circa un'ora e mezza.
Poi il collegio, presieduto da Giovanni De Roberto, si riunisce in camera di consiglio e nel giro di un'ora «rigetta la richiesta di remissione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali», come recita lo stringato dispositivo della sentenza.
Dunque, Berlusconi continua a cercare un «giudice a Berlino» e si ritrova sempre sotto la Madunina. «Dire che il tribunale di Milano non sia sereno sul Cav è eufemismo: è un no a pacificazione», scrive su Twitter il senatore del Pdl Augusto Minzolini. Ma sarà appunto davanti ai giudici di Milano che andrà avanti il processo Mediaset d'appello (in primo grado c'è stata una condanna a quattro anni con l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni), in cui il reato contestato all'ex premier è quello di frode fiscale e così il processo Ruby, in primo grado, dove Berlusconi è accusato di concussione e prostituzione minorile.
Problemi di prescrizione, per quest'ultimo non ci sono, sottolinea l'ex ministro della Giustizia Paola Severino. «È un processo su fatti che sono accaduti due anni fa», dice rispondendo a chi le chiede, dopo le preoccupazioni espresse dalla Cassazione sulle difficoltà interpretative della nuova legge sulla corruzione del governo Monti, se davvero molti processi per concussione sarebbero a rischio prescrizione.
C'è un'ultima questione ancora aperta: il leader del Pdl aveva chiesto di essere sentito ieri all'udienza in Cassazione per spiegare le sue ragioni, ma il 18 aprile i giudici della Suprema Corte hanno respinto l'istanza, sostenendo che l'audizione di un imputato è possibile solamente nei processi in materia di estradizione.
I legali del leader Pdl non si sono arresi e hanno sollecitato l'invio degli atti alle Sezioni unite della Suprema Corte o alla Corte costituzionale, perché venisse chiarito il caso di «legittima suspicione» in Cassazione. Ma anche su questo dal Palazzaccio è arrivata una risposta negativa.

«A questo punto - spiega Ghedini a il Giornale - decideremo se ricorrere alla Corte europea su questa particolare questione».

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