Magistrati e carabinieri li intercettavano e li seguivano da sei anni. La loro principale aspirazione era colpire una chiesa. Ma in mancanza di piani concreti s'accontentavano di quel che passava madre natura. Quando nel 2009 il terremoto si abbatte sull'Abruzzo il tunisino Hosni Hachemi Ben Hassen, conosciuto in Puglia come l'imam della moschea di Andria, non trova di meglio che rallegrarsi per la distruzione di tanti edifici cristiani. Ieri mattina Ben Hassen è stato arrestato in Belgio mentre altri due tunisini venivano fermati a Catania e un quarto a Milano. Al blitz, eseguito dai carabinieri del Ros e ordinato dal sostituto procuratore di Bari Renato Nitti, sono sfuggiti un marocchino e un tunisino riparati già da qualche tempo in Tunisia.
Secondo l'indagine della procura di Bari gli arrestati non avevano individuato un obiettivo specifico, ma puntavano ad azioni terroristiche contro governi, forze militari, istituzioni e organizzazioni internazionali riconducibili a Stati «infedeli» e nemici. Le telefonate e i messaggi di posta elettronica intercettati dagli inquirenti lasciano poco spazio alla fantasia. «Questo è il nostro destino... possa Dio sparpagliare i nostri corpi per la sua causa... voglio che le mie carni vadano in pezzi» recita un componente della cellula alludendo ad un possibile attentato suicida. E l'altro gli risponde: «Nel nome di Dio sono pronto. Cavalli di Dio correte per la jihad». Le altre trascrizioni sono altrettanto eloquenti: «L'America ci ha promesso la sconfitta, ma Allah ci ha promesso la vittoria
vedremo quale promessa si realizzerà
. Hai ricevuto quel messaggio da Guantanamo? Mandamelo, così andiamo lì». Dalle conversazioni emerge anche una caratterizzazione razziale ed anti semita. «Ha fatto bene a bruciarli
se li faceva fuori tutti il mondo oggi sarebbe migliore» ripete uno del gruppo citando Hitler e gli ebrei. «Dio lo consola allora il suo interlocutore - voleva che la loro fine arrivasse per le mani dei musulmani... è ritornato l'esercito di Mohamed».
Stando alle indagini la cellula aveva la base logistica nel call-center gestito dall'imam tunisino e trasformato in un centro di smistamento per volontari mandati a combattere in Siria. Ben Hassen secondo gli inquirenti- effettuava una «costante e continua opera di proselitismo e indottrinamento finalizzata a formare nuovi adepti e consentire loro di raggiungere i territori della jihad, con una preparazione, anche psicologica e ideologica, tale da permetterne l'immissione nel circuito terrorista». L'imam inoltre manteneva i collegamenti con i capi di varie cellule jihadiste tunisine arrestati in passato in Italia, deportati in Tunisia e poi tornati liberi in seguito alla primavera araba. Tra questi Ben Yahia Mouldi Ben Rachid, condannato nel nostro paese per aver progettato attentati al Duomo di Cremona, alla metropolitana e al Duomo di Milano.
La Tunisia del post rivoluzione si conferma così una delle filiere terroristiche più pericolose per il nostro paese e per l'area mediterranea. La liberazione di centinaia di jihadisti dopo la caduta di Ben Ali ha permesso la nascita di Ansar Al Sharia, la più aggressiva e pericolosa tra le formazioni «al qaidiste» tunisine. Il gruppo oltre ad aver inviato centinaia di volontari in Siria ha partecipato assieme all'omonima costola libica all'organizzazione dell'attacco di Bengasi costato la vita, lo scorso 11 settembre, all'ambasciatore statunitense. Ma Ansar Al Sharia annovera tra le proprie file anche numerosi reduci delle cellule sgominate in Italia dopo il 2001. Tra questi i due elementi più pericolosi, ancora in contatto con i loro «fratelli» in Italia, sono Sami Essid Ben Khemais e Mehdi Kammoun.
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