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Quei giovani e spietati assassini: nella banda il figlio del carabiniere

Quei giovani e spietati assassini: nella banda il figlio del carabiniere

Reggio CalabriaSono giovanissimi, vissuti in piccoli paesi della Piana di Gioia Tauro, piagati sì dalla 'ndrangheta, ma forti dei vincoli familiari e dii rapporti sani, solidali, che la gente del Sud sa ancora costruire. Ambienti lontani anni luce dal degrado e dalle violenze metropolitane. Uno di loro, Antonino Festa, 19 anni, è persino figlio di un carabiniere. Eppure lui con Luigi Napoli e il cugino Giuliano Napoli, anche lui ventenne, costituitosi ieri sera poco prima delle 20, sono stati capaci di organizzare un colpo a supermercato, la sera della vigilia di Pasqua, di ammazzare il proprietario che cercava di fermarli e, davanti al cadavere riverso sul pavimento, di sporgersi sulla cassa per arraffare qualche banconota e di rubare persino il portafoglio dalla tasca del commerciante morto, prima di tornare in auto e scappare.
Il procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo non ha dubbi: «Bisogna fare molta prevenzione a livello giovanile. I ragazzi di oggi sono senza punti di riferimento». Gli occhi che hanno fotografato questa drammatica sequenza sono quelli di Domenica, 22 anni, figlia di Giuseppe Antonio Strano, il commerciante ucciso sabato sera a Delianuova, alle falde dell'Aspromonte, nel Reggino. Lei era lì, insieme allo zio Michele e a due dipendenti del supermercato. Hanno visto i malviventi fare irruzione e scontrarsi con il proprietario che ha tentato di difendere i 7 mila euro d'incasso. Ne è nata una colluttazione, sono partiti gli spari che hanno ucciso Strano e ferito gravemente uno dei banditi, Luigi Napoli, anche lui diciannovenne. Il giovane è scappato con i complici, ma è morto dopo poche centinaia di metri ed il suo corpo è stato abbandonato su una stradina di periferia. Poco tempo fa aveva rubato un'auto e commesso altri piccoli furti in paese. Il suo giro di amicizie era noto alle forze dell'ordine, che hanno impiegato poche ore per aggiungere gli altri nomi alla banda.
Antonino Festa lo hanno catturato circa ventiquattr'ore dopo, nascosto come un cane braccato in un casolare abbandonato tra gli uliveti di Castellace di Oppido Mamertina. Da quando era diventato maggiorenne, aveva deciso di stare da solo, lontano dalla famiglia e, soprattutto, da quel padre carabiniere che aveva tentato in ogni modo di sottrarlo a quella vita fatta di sotterfugi e di amicizie pericolose. Ora raccontano quanto l'uomo, uno della vecchia guardia in servizio presso la compagnia carabinieri di Palmi, sia terribilmente prostrato, disperato per le drammatiche conseguenze delle scelte di suo figlio e dei suoi amici. Ma in cuor suo preferirebbe avere un figlio dietro le sbarre che celebrare il funerale di quel ragazzo che tanti, tantissimi problemi gli creava. Lui che per quel figlio sognava un avvenire diverso, lui che ogni giorno combatte contro il crimine organizzato, si era già dovuto arrendere di fronte alle scelte del giovane che aveva scelto di andare via da casa.
Il rapinatore morto e suo cugino, invece, appartenevano a una famiglia molto vicina agli ambienti criminali della piana di Gioia Tauro, i Napoli da anni in lotta per il controllo del territorio. Ma vicino agli ambienti pericolosi, alle cosche ed alla zone grige era pure il proprietario del supermercato Giuseppe Antonio Strano. L'uomo, infatti, venne coinvolto, come prestanome della potente cosca Alvaro di Sinopoli, nelle indagini che hanno portato al sequestro del patrimonio della cosca a Roma, un vero e proprio «impero romano», di cui faceva parte anche il rinomato Cafè de Paris, il locale della Dolce Vita della capitale.

Stando alle indagini, infatti, Strano sarebbe stato uno dei prestanome di cui si sarebbe avvalso il boss Vincenzo Alvaro, che nella Capitale avrebbe controllato una serie di attività commerciali non di poco conto.

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