Quel dito puntato contro la globalizzazione

Bergoglio: "Il benessere ci ha reso indifferenti, viviamo in una bolla"

Quel dito puntato contro la globalizzazione

Anche Lampedusa è «alla fine del mondo». Posto di confine. Lembo estremo. Ponte tra il primo e il terzo mondo. Zattera sulla speranza o sull'abisso. Da questa «periferia geografica ed esistenziale» ieri papa Francesco ha iniziato il suo magistero itinerante, denunciando «la globalizzazione dell'indifferenza» nella quale siamo precipitati e lanciando un appello al mondo intero perché certe tragedie «non si ripetano più per favore».

Quando qualche settimana fa, ha detto il Santo Padre nell'omelia della messa celebrata davanti a diecimila persone, «ho appreso la notizia degli immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte» - il riferimento è al naufragio del 15 giugno di un'imbarcazione carica di profughi alcuni dei quali hanno tentato di salvarsi aggrappandosi alle gabbie dei tonni - «il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza». E allora, ha continuato Francesco, «ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta».

Durante la cerimonia il Papa ha ringraziato gli abitanti di Lampedusa e Linosa per la testimonianza di solidarietà e accoglienza. Ha rivolto un pensiero «ai cari immigrati musulmani che oggi iniziano il Ramadan con l'augurio di abbondanti frutti spirituali». Ha denunciato i «trafficanti per cui la povertà degli altri è fonte di guadagno».
Per la celebrazione penitenziale aveva scelto di persona il vangelo di Matteo, con la famiglia di Gesù che emigra per sfuggire alla strage ordinata da Erode, e la Genesi, dove Dio chiede ad Adamo «dove sei?» e a Caino «dov'è tuo fratello?». Queste domande risuonano anche oggi mentre siamo tutti disorientati, «mi includo anch'io», incapaci di custodire il nostro mondo e il nostro fratello. Ci liberiamo di ogni responsabilità come il sacerdote nella parabola del Buon Samaritano che tira dritto pensando che la sofferenza del fratello non lo riguardi. «La cultura del benessere», ha proseguito Bergoglio, ci rende «insensibili alle grida degli altri». Ci fa vivere «dentro bolle di sapone» in una condizione «che ci porta all'indifferenza verso gli altri. Anzi», ha levato la sua voce Francesco, «ci porta alla globalizzazione dell'indifferenza». Per la quale, in un certo senso, siamo tutti come «l'Innominato di Manzoni, responsabili senza nome e senza volto». Ecco perché, al termine della liturgia, prima di pregare davanti alla statua di Maria, «protettrice dei migranti e degli itineranti», il Papa ha ripetuto con profonda umiltà: «Perdono, Signore».

Grande colpo di fantasia, quello di ieri è stata un gesto dal forte carattere simbolico, con Francesco primo testimone di una Chiesa che esce

da se stessa, «pastore che ha l'odore delle sue pecore». È stata la visita programmatica di un pontefice deciso a situarsi sul crinale tra disperazione e annuncio cristiano, tra dimenticanza dell'uomo e salvezza di Cristo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica