Quel filo rosso tra i finiani e Corallo

Non solo Gianfranco Fini, la sua compagna Elisabetta Tulliani e suo fratello Giancarlo. Intorno ai principali protagonisti dell'affaire monegasco ruota una piccola galassia di personaggi «finiani» che si muovono tra casinò, paradisi fiscali e società offshore e che gravitano tutti intorno a Francesco Corallo, il re delle slot machine proprietario dell'Atlantis World Group, la società che controlla il 30 per cento del mercato dell'azzardo legale in Italia, figlio di Gaetano, condannato a sette anni per associazione a delinquere.
Fini era ospite proprio di Corallo, con la sua ex signora, quel Ferragosto del 2004 quando venne immortalato a tavola al ristorante del Beach Plaza di Saint Marteen in una foto che, a posteriori, gli ha creato non pochi imbarazzi. Commensali di quella cena, oltre a Corallo, il deputato del Pdl Amedeo Labocetta, che all'epoca era il rappresentante per l'Italia dell'Atlantis, e Francesco Cosimo Proietti, detto «Checchino», allora strettissimo collaboratore di Fini, oggi deputato di Fli, il cui nome ricorre più volte (anche in una lettera di raccomandazione trovata a casa di Corallo dalla finanza) in questa storia di coincidenze ai limiti dell'incredibile. Niente di strano in quell'immagine finita sui giornali fino all'estate del 2010, quando scoppia lo scandalo della casa di Montecarlo e la foto comincia a parlare. Si scopre così che James Walfenzao, il broker protagonista degli intrecci societari che hanno portato Giancarlo Tulliani nell'appartamento monegasco (sue le società Printemps e Timara che hanno comprato la casa da An) è uomo di Corallo, a capo di una holding inglese che controlla una quota dell'Atlantis, ora Betplus. Anche Proietti ha storie da raccontare. Da lui parte più di un link che porta a Corallo. Il suo nome salta fuori una prima volta nell'inchiesta del pm Henry John Woodcock, all'epoca a Potenza, che è costata il carcere a Vittorio Emanuele. «Checchino» viene intercettato mentre si dà da fare affinché la Atlantis mantenga il monopolio delle slot machine ottenuto - e qui entra in gioco un altro finiano doc - anche grazie alle mosse di Giancarlo Lanna, consigliere della Fondazione finiana Farefuturo, che sarebbe stato il procuratore della Atlantis nella sottoscrizione della convenzione per il rilascio della concessione da parte dei Monopoli di Stato, avvenuto un mese prima della vacanza estiva di Fini ai Caraibi. E c'è di più. Tra il 2006 e il 2010 dal gruppo Atlantis sarebbero transitati a società e associazioni collegabili a Proietti insoliti flussi di denaro. Come quei 120mila euro sospetti (l'operazione venne segnalata dall'Ufficio italiano cambi) arrivati in una piccola banca di Subiaco, terra dell'ex segretario particolare di Fini, con un bonifico disposto dall'Atlantis Group e destinato all'associazione culturale e ambientale «Simbruini» come contributo all'organizzazione di una rassegna gospel che non si è mai tenuta. Il denaro sarebbe stato ritirato dal presidente dell'associazione, Pierluigi Angelucci, che avrebbe trattato l'operazione per conto dell'amico Proietti, il quale ha però sempre negato di aver intascato anche un solo euro di quel denaro. Nel filo rosso che lega i finiani al gruppo di Corallo le coincidenze si sprecano. E i detrattori del presidente della Camera hanno provato a tirare dentro anche l'ex ambasciatore Giampiero Massolo (oggi al Dis) per alcune mail partite dalla sua segreteria alla Farnesina per promuovere Corallo a console onorario di Saint Marteen. Un interessamento dovuto, il suo, a seguito di esplicita richiesta da parte di un cittadino polacco, che tra l'altro non ha avuto alcun seguito all'esito degli accertamenti di rito.

Sempre un caso la nomina dell'avvocato Giulia Bongiorno, deputato finiano nonché legale di Fini, nel collegio difensivo di Corallo. Un caso di cui si parlò dopo la perquisizione e che la penalista ha provato a ridimensionare: «Non ero presente al momento della perquisizione, ma faccio parte del collegio difensivo».

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