Quella sentenza scritta da un giudice schierato

A Carlo De Benedetti era andata peggio. È questo il piccolo elemento di consolazione che Silvio Berlusconi può trovare andando a spulciare le biografie dei magistrati che l'altro ieri lo hanno condannato a quattro anni di carcere per la vicenda dei diritti tv. Perché la presidente della Corte d'appello che ha emesso il verdetto, Alessandra Galli, è toccato in passato anche di giudicare l'Arcinemico di Berlusconi, e si era dimostrata ancora più severa. La Galli era infatti giudice a latere nel tribunale milanese che tra il 1990 e il 1992 processò Licio Gelli e gli altri trentadue imputati per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Tra gli imputati c'era anche De Benedetti, che del Banco era stato consigliere. E la sentenza emessa dal tribunale di cui Alessandra Galli faceva parte insieme ai colleghi Fabrizio Poppi e Piero Gamacchio inflisse a De Benedetti una pena ancora più severa di quella rifilata ieri al Cavaliere: sei anni e quattro mesi di carcere, e interdizione perpetua dai pubblici uffici. La condanna emessa dalla Galli venne poi cancellata dalla Cassazione: ma anche questo, a ben guardare, può essere per Berlusconi un buon auspicio.

Per il resto, il curriculum professionale della Galli è quello di un magistrato che - come sua sorella Carla - ha affrontato la carriera nel segno inevitabile della figura paterna, il giudice istruttore Guido Galli, assassinato da Prima Linea nel 1980. Alessandra non era ancora laureata, quando insieme alla sorella e alla madre dovette affrontare nell'aula del maxi processo le risate degli assassini di suo padre. Quattro anni dopo vinse il concorso ed entrò in magistratura. L'interminabile e complesso processo per il crac dell'Ambrosiano costituì una esperienza formativa irripetibile, messa a frutto negli anni in cui ha fatto il giudice preliminare a Genova. Politicamente progressista, l'anno scorso è stata eletta nella giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati nelle file di Area, il raggruppamento di sinistra. Nel 2010, durante una cerimonia in ricordo del padre, criticò il centrodestra per la «denigrazione della magistratura»: e quel suo intervento le è stato poi polemicamente ricordato da Niccolò Ghedini nell'aula del processo a Berlusconi.

Pur essendo la più giovane del terzetto, la Galli presiede la Corte insieme a due colleghi entrati in magistratura contemporaneamente a lei. A differenza della presidente, né Enrico Scarlini né Elena Minici sono toghe sindacalmente attive. Scarlini è stato a lungo pubblico ministero: a Busto Arsizio negli anni Novanta aveva fama di duro, e fu lui a spedire in galera una gruppo di amministratori locali socialisti. Trasferito a Milano come giudice, ha lavorato in Corte d'Assise insieme al compianto Luigi Cerqua, ed è stato l'autore della sentenza che, accogliendo quasi in pieno le richieste di Ilda Boccassini, condannò pesantemente gli esponenti delle nuove Br.

Anche la Minici, come la Galli, è stata a lungo giudice a Genova: ma qui, a differenza dei suoi attuali colleghi, è stata protagonista di una sentenza talmente garantista da venire poi assai appesantita dai giudici

d'appello. Faceva parte infatti del tribunale che nel luglio 2008 assolse buona parte dei funzionari delle forze dell'ordine finiti sul banco degli imputati per le violenze alla caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001.

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