Quelle bugie sgrammaticate su mafia e antimafia

In uno sconcertante articolo sul Fatto, Roberto Scarpinato cita Agnese Borsellino , affidabile per i suoi teoremi. Ma non quando parla di me

Quelle bugie sgrammaticate su mafia e antimafia

In uno sconcertante e sgrammaticato articolo (ovviamente sul Fatto) Roberto Scarpinato ritorna sulla morte di Paolo Borsellino: «Quel che non cessa d'interrogarmi della vicenda di Paolo è la rassegnazione impotente e ineluttabile che lo pervase nell'ultimo mese di vita». Letteralmente dovremmo intendere che la rassegnazione interroga Scarpinato, non è Scarpinato che s'interroga sulle ragioni della rassegnazione.

Poi prosegue: «In quello stesso luogo (Palazzo di Giustizia di Palermo) sentendo che la sua lotta d'amore stava volgendo al termine per forze superiori, con quella confessione si apprestava a entrare nella morte, come un martire cristiano, sotto lo sguardo di un Paese che quasi attendeva la sua fine, come quella di una vittima sacrificale predestinata». Ora, io che nel '92 avevo 40 anni, devo dire fermamente che non attendevo la fine di Borsellino. E che neanche la retorica può consentire a Scarpinato di scrivere balle, cercando di coinvolgere i cittadini negli errori «di uno Stato che lo aveva consegnato alla sua solitudine e che neppure si era curato d'imporre una zona rimozione sotto la casa dell'abitazione materna, dove Paolo aveva l'abitudine di recarsi, per rendere almeno difficile lo sporco lavoro degli assassini». È lecito interpretare il sacramento della confessione, richiesto da Borsellino in Palazzo di Giustizia, come un presentimento di morte, ma tutto il contorno di riferimenti ai martiri cristiani appare forzato. Se ne rende oscuramente conto anche Scarpinato il quale, per avvalorare la sua metafora, cita una testimonianza di Agnese Borsellino «ora consacrata negli atti processuali», una riflessione affidata dal magistrato alla moglie: «Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere».

Mi chiedo allora, perché Agnese Borsellino è affidabile solo per i teoremi di Scarpinato, ma non quando parla di me dicendo cose lusinghiere che indicano una comune opposizione alla mafia. Incredibilmente, il figlio Manfredi, con una mozione degli affetti, tentò di farla ritrattare, umiliandola, mortificandola, sottoponendola a una indicibile pena.

Si vuol dire che Agnese Borsellino è attendibile solo se parla di suo marito e allude a una cospirazione dello Stato? «Come siciliana - ha dichiarato durante una visita nella Salemi di cui ero sindaco - sono felicissima della scelta di Sgarbi che da Nord ha scelto di fare il sindaco in una cittadina siciliana... Vedo nel lavoro di Sgarbi un'azione missionaria. È stata scelta una persona che viene da lontano, per far sì che con il linguaggio eterno dell'arte, si possano trasmettere valori positivi. E auguriamoci che ci siano tanti Vittorio Sgarbi».

Dunque, Paolo Borsellino martire cristiano e io, più modestamente, missionario. La conclusione è che, nella coerente logica dei professionisti dell'antimafia, il Comune di Salemi è stato sciolto per inesistenti infiltrazioni mafiose, che la lucida testimonianza di Agnese Borsellino, da sola, dissolve.

E Paolo Borsellino «non è stato solo vittima di personaggi come Riina e i suoi sodali, ma anche della storia malata di un Paese democraticamente immaturo che ha lasciato morire nella solitudine alcuni dei suoi figli migliori, rischiando così di far morire insieme a loro, anche la parte migliore di sé».

press@vittoriosgarbi.it

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