Marcello Palingenio Stellato è un poeta cinquecentesco di cui, per mia fortuna, il commissario d'esame alla maturità ignorava l'esistenza (o forse non volle infierire su di me). A lui però è attribuito un detto di sconvolgente verità. «Ne uccide più la gola della spada». È quanto accade a buona parte dell'umanità, mentre un'altra parte muore di fame.
Gli animali selvatici, al contrario dell'uomo, hanno un'alimentazione sobria, dettata dalle condizioni atmosferiche, dall'ambiente e dalla presenza o meno di prede. Questo, fino a quando non ci mette la mano l'uomo. Accade a Teramo, dove, per un arcano motivo, un citello ha scelto di farsi la tana all'incrocio semaforico del centro città, in un foro accanto a un albero.
Il citello è un piccolo roditore che abita, in numerose colonie, le steppe dell'est Europa. Sembra una marmotta in miniatura e il suo carattere docile lo rende molto appetibile per chi ama avere in casa animali un po' diversi dai soliti cani e gatti. Forse sfuggito a un proprietario distratto o, più probabilmente, scaricato da qualcuno in odore di ferie, il piccolo roditore ha scelto una tana nel cuore della città. Ormai sono pochi i cittadini di Teramo che ignorano la presenza del simpatico roditore all'incrocio di via S. Marino. Per i bambini, poi, è diventato un vero e proprio beniamino e chiunque si rechi a vederlo porta con sé gli alimenti più fantasiosi. I roditori, in natura, hanno un'alimentazione molto povera. Vegetali, radici, frutti selvatici e una scorta di nocciole prima di affrontare i rigori dell'inverno sono gli alimenti che gli permettono di vivere mediamente quattro o cinque anni. Al citello teramano, si porta di tutto, dalla frutta più improbabile (banane, mango, avocado e kiwi) ai gelati, dalle crostate di frutta ai bignè alla crema. Il suo organismo rischia di rimanere sopraffatto da alimenti impropri e la sua vita è in pericolo più per il regime ipercalorico che a causa della vicinanza a una strada trafficata del centro storico.
A questo punto, il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi che ha conosciuto personalmente l'illustre «concittadino» è oggi alle prese con una delle decisioni più difficili della sua vita di amministratore. Catturare il beniamino della città, come gli chiede il WWF e trasportarlo in un centro di recupero a Milano tra i suoi simili e lontano dalla squisita gastronomia abruzzese o lasciarlo dove ha scelto di farsi la sua tana, visitato quotidianamente da uno stuolo di persone che non saranno suoi simili ma di certo gli vogliono altrettanto bene? Forse basterebbe una solida rete di recinzione, un cartello con debiti avvertimenti sull'alimentazione e un po' di coscienza civica.
Alla fine, il medico che è dentro di me ringhia di portarlo tra i suoi, a mangiare radici e radicchi. L'epicureo che è dentro di me invece invoca mellifluo una morte felice, tra le braccia dell'amore. Chiedo venia, ma oggi tengo la parte di quest'ultimo.
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