Dal loden all'elmetto, sul cavallo di viale Mazzini? L'ultima tornata di nomine, qualche settimana fa, con Monti ancora tecnico super partes, ha sistemato diverse caselle chiave per l'informazione Rai, naturalmente in modo gradito al premier e ai vertici aziendali (presidente e direttore generale) a suo tempo da lui indicati.
Un assetto che si può rivelare strategico, ora che Monti è sul punto di passare da presidente di tutti, a candidato di una parte politica, il nuovo centro apparecchiato da Casini, Montezemolo e Fini. Pur nella austerità che lo contraddistingue, il candidato-ispiratore della lista omonima potrà comunque contare (e pare abbia intenzione di apparire spesso in tv da qui alle elezioni) sulle ammiraglie della tv pubblica, alla cui guida ci sono professionisti certamente non ostili. A cominciare dal direttore del Tg1, Mario Orfeo, fortemente voluto dal dg montiano Gubitosi, preso dal giornale filomontiano Il Messaggero di Caltagirone, suocero del leader Udc Casini, principale animatore della lista Monti (anche se Orfeo è un direttore con gradimento trasversale). Per la prima volta in un'elezione politica, poi, sia Tg1 che Tg2 sono vicini allo stesso partito, cioè ancora la Lista Italia per Monti, poiché il direttore del Tg2, Marcello Masi, è ancora in quota Udc. Area centrosinsitra-Pd sono poi il Tg3 e RaiNews24. In breve, solo la direzione della Tgr è vicina al Pdl, anche se poi ogni redazione regionale della testata fa un po' storia sé (e poi c'è sempre un vicedirettore, Pietro Pasquetti, fedele a Casini). E le reti? Neppure una è pro Pdl, a cominciare da RaiUno che, con Giancarlo Leone (insediato col giro di nomine montiane) è ascrivibile anch'essa al partito Monti. Che può poi contare su altri canali informativi politicamente affini, per quanto diretti anch'essi da professionisti non certo faziosi. Il direttore della Radio Rai, Bruno Socillo, è uno dei pochi dirigenti rimasti fedeli a Gianfranco Fini, e quindi per proprietà transitiva vicino alla nuova lista Monti. Il direttore del Giornale Radio e di Radio Uno, Antonio Preziosi, già in quota Pdl, è ora considerato vicino al moderatismo cattolico-montiano.
Mentre il suo condirettore con delega al Gr2 e direttore di Radio2, Flavio Mucciante, è considerato in quota Udc (ovvero lista Monti). Una Rai molto più montiana di quanto non fosse berlusconiana quella arrivata alle elezioni del 2006 o prodiana quella del voto nel 2008. A suo modo, un primato.
C'è poi il Cda, dove sulla carta (ma solo lì) i rapporti di forza sono rimasti intatti, ma che ha assegnato, su pressione governativa, le superdeleghe alla presidente Tarantola, ex Bankitalia, che può decidere su nomine e spese come nessun suo predecessore. «Il vulnus c'è stato quando si è accettato di non osservare la legge Gasparri, che dice chiaramente che il cda Rai è subordinato al Parlamento, e di consentire al governo di procedere alla nomina dei vertici», spiega Antonio Verro, consigliere Pdl. Ma qualche mese fa non era prevedibile l'evoluzione del governo Monti, la fine prematura, anche se di poco, e soprattutto la discesa in campo del premier. Nei tg Rai, intanto, il premier Monti mantiene un minutaggio da primo della classe. A novembre (dati Agcom) ha avuto, da solo, il 14,69% del tempo di parola nei notiziari Rai, come il Pdl. Secondo solo al Pd nel Tg1, il più montiano dei tg. Linea che però, in termini di ascolti, non sembra pagare.
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