Barack Obama ha aspettato molte ore prima di ascoltare una chiara condanna da parte del Cairo dei fatti avvenuti lunedì in Egitto contro l'ambasciata americana. La risposta egiziana, lenta e ambivalente, ha creato tensioni che rischiano di fare molto male a una relazione cruciale per la regione, quella tra il nuovo Egitto di Mohammed Morsi e Washington. Gli Stati Uniti, secondo il New York Times, hanno apprezzato di più la reazione dell'autorità libica dopo l'attacco in cui sono stati uccisi a Bengasi l'ambasciatore Christopher Stevens e altri tre americani: «Questo attacco non può essere considerato una difesa dell'islam», ha detto il vice ambasciatore libico all'Onu, Ibrahim Dabbashi.
Obama, quando martedì ha parlato al telefono con il collega Morsi, avrebbe forse preferito ascoltare le parole pronunciate ieri dal leader turco Recep Tayyip Erdogan, capo di un partito islamico moderato, alla testa di un Paese finora non contagiato dalle violente proteste contro il video anti-islamico. Erdogan ieri ha condannato l'attacco in Libia: un atto che «danneggia i musulmani nel mondo». Ha esortato i fedeli musulmani a prendere le distanze dalle violenze. Certo, come tutti, dal governo americano alle cancellerie europee e arabe, il presidente turco ha denunciato il misterioso video, spiegando come non possa essere inserito nella categoria della libertà d'espressione. Anche il più alto uomo di religione turco, il grand mufti Mehmet Gormez, aveva parlato contro gli assalti: «È impossibile spiegare questi atti di violenza su basi umanitarie o islamiche».
Prese di posizioni chiare e nette contro le violenze di queste ore e contro il video anti-islamico sono arrivate da chi è sceso in strada a manifestare contro gli assalti alle sedi diplomatiche sia a Tripoli sia a Bengasi, e da molti commentatori dei maggiori giornali in lingua araba. Faisal J. Abbas, direttore di Al Arabiya English, ha firmato ieri sul sito un corto pezzo dal titolo: «La verità è che i musulmani sono colpevoli!», scritto così, con il punto esclamativo. «L'unica cosa divertente di Innocenza dei musulmani - dice a proposito del video incendiario - è il titolo. Innocenza dei musulmani? È una presa in giro? Come possiamo noi musulmani essere innocenti quando abbiamo permesso a un losco regista d'essere preso sul serio?». È simile la reazione di Tarik Alhomayed, direttore del giornale saudita edito a Londra Asharq El Awsat, che scrive: «Come possiamo pretendere scuse dall'America per un film prodotto da un gruppo triviale o ignorante, e non dall'Amministrazione americana? Sarebbe concepibile, per esempio, che l'Amministrazione Obama chiedesse agli egiziani scuse per il fatto che Ayman El Zawahiri, attuale leader di Al Qaida, sia egiziano?».
Dall'Egitto, il direttore Wael Qandil si chiede dalle colonne di Al Shuruk: «Dobbiamo trasformarci in assassini per provare che amiamo il Profeta?».
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