Roma - Il pressing è quello tipico delle squadre di Arrigo Sacchi: ossessivo, asfissiante, coerente. Il gioco di chi sa di avere ragione, quello di chi crede di vincere. È quello che sta operando il Pdl sul governo per rinviare e preferibilmente far svanire del tutto l'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento che dovrebbe scattare automaticamente dal prossimo 1° luglio. È vero, il ritocco al rialzo dell'imposta sul valore aggiunto a parole non lo vuole nessuno, non ci sono le incrostazioni ideologiche che appesantiscono il dibattito sull'Imu. Epperò è anche vero che solo il centrodestra ne fa una linea del Piave. Non al punto da trasformare il balletto sull'Iva nel frenetico can can di una crisi di governo, ma insomma. «Se è vero che il Pdl non ha nessuna convenienza a provocare alcuna crisi di governo, è essenziale l'operatività dell'esecutivo su Imu, Iva e sull'apertura di una vertenza Europa», riassume Fabrizio Cicchitto.
Sull'Iva bisogna fare presto, bisogna fare bene. E bisogna fare anche qualche conto. Il Codacons, per dire, ha calcolato che dall'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21 per cento, nel settembre 2011, fino a tutto aprile 2013 il gettito Iva è diminuito di 5,875 miliardi. È vero, c'è la crisi che ha terremotato i consumi, ma ce n'è abbastanza per nutrire dei dubbi sul fatto che, come sostenuto dai ministri Saccomanni (foto) e Zanonato qualche giorno fa, le casse dello Stato non possano permettersi al momento di non aumentare l'Iva. Insomma: sembrerebbero non esserci dubbi. Eppure c'è l'Europa a ringhiarci contro pretendendo altre lacrime e altro sangue. Quell'Europa a cui ieri il premier Enrico Letta ha fatto un altro inchino: «Le misure che verranno prese nelle prossime settimane avranno tutte come base politico-giuridica le sei raccomandazioni che la Commissione Ue ha rivolto al governo nell'accompagnamento della chiusura della procedura di infrazione». Cheese!
Ieri l'Iva non è stata all'ordine del giorno del consiglio dei ministri di emergenza convocato in una Roma svuotata dall'afa e dal week-end. «Oggi no», dribbla laconico Graziano Delrio, ministro per gli Affari Regionali. Quello stesso Delrio che, intervenendo all'assemblea di Coop Nordest a Mantova, spiega che o si blinda l'Iva o si cancella l'Imu. E lui tifa per la prima ipotesi: «Oggi il 10% delle persone possiede il 50% del patrimonio immobiliare. Ecco perché non sono d'accordo che regaliamo l'Imu ai ricchi. I soldi vanno utilizzati per le cose più urgenti. Se riusciremo a trovare le coperture saremo tutti più contenti, ma credo che in questo momento difficilmente potrà avvenire. Quindi, bisognerà scegliere se togliere l'Imu o non aumentare l'Iva». Una teoria che scatena l'ira di Renato Brunetta: «Ricordo al ministro che l'Imu è un'imposta reale e non personale, non può tener conto del reddito dei contribuenti: ricchi o poveri che siano. Senza una riforma complessiva della tassazione sulla casa qualsiasi ipotesi di rimodulazione dell'Imu è non solo impossibile ma soprattutto ingiusta».
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