Renzi è a caccia di soldi e prepara già il condono

L'idea era di Letta, anche se ufficialmente piovono smentite. Il ddl dovrebbe arrivare in Aula dopo le Europee e varato entro settembre

Renzi è a caccia di soldi e prepara già il condono

Matteo Renzi è sempre molto lesto nell'affermare che «la palude non ci fermerà». Alla prova dei fatti, in quelle acque limacciose il presidente del Consiglio ha dimostrato di saper sguazzare molto bene. E infatti - il decreto lavoro ne è un esempio - i compromessi stile Prima Repubblica stanno diventando un po' la cifra del suo esecutivo. C'è anche un'altra reminiscenza di quei tempi che, però, potrebbe tornare a galla. Si tratta del vecchio «condono». Sì, proprio quella cosa che se la fa un governo di centrodestra, tutti si scandalizzano e gridano alle istituzioni calpestate e ai contribuenti onesti defraudati, ma che se la fa un governo di centrosinistra a trazione Pd, è un altro paio di maniche.

La storia vale la pena di essere raccontata sin dall'inizio. Il periclitante governo Letta alla fine dello scorso gennaio emanò un decreto contenente la cosiddetta voluntary disclosure, cioè l'autodenuncia dei beni mobili e immobili detenuti all'estero senza esser dichiarati nel quadro RW del 730. La formulazione originaria prevedeva il versamento totale dell'imposta, uno sconto fino ai due terzi delle sanzioni (che in alcuni casi possono arrivare al 100% dell'imposta stessa) e una copertura parziale sui profili penali connessi, in particolare sui reati di omessa dichiarazione e frode fiscale. Il decreto, però, apriva all'introduzione di una nuova fattispecie: l'autoriciclaggio, cioè il re-impiego delle proprie somme «nascoste» al fisco. Sin dall'inizio fu subito chiaro che la voluntary disclosure difficilmente avrebbe potuto raggiungere il proprio obiettivo, cioè riportare nei patri confini circa 400 miliardi di capitali detenuti per lo più in Svizzera. E così Renzi, nel frattempo succeduto a Letta, pensò bene di stralciare la norma dal decreto e affidarla sotto forma di ddl alla commissione Finanze della Camera. In sede di presentazione dell'agenda di governo e di illustrazione delle priorità del Def, si evidenziò che il target di gettito previsto era di almeno 1,5 miliardi. Il provvedimento, attualmente all'esame del Comitato ristretto, dovrebbe vedere la luce dopo le Europee quando inizierà la discussione e si spera di approvare la legge per settembre.

Secondo quanto emerso, le principali modifiche sono due: aumenta lo sconto sulle sanzioni (solo il 10% del totale) e si estende la sanatoria anche al «nero» accumulato in Italia. I passi avanti sullo «scudo» penale sarebbero invece modesti perché il Pd, maggioranza alla Camera, ha il giustizialismo nel dna. «Anche così la voluntary disclosure non ha senso - spiegano fonti parlamentari vicine al dossier - e, infatti, stanno già cominciando a sensibilizzare i senatori per modificare il testo in seconda lettura». Il bonus per le sanzioni, infatti, non cancella la mazzata sulle imposte (molto gravose se i beni sono «fuori» da più anni) e quindi l'unica convenienza è solo quella di evitare di incappare nelle grinfie dell'Agenzia delle Entrate visto che la Svizzera ha di recente siglato l'accordo Ocse sullo scambio di informazioni.

Non è tuttavia illogico ipotizzare che la voluntary disclosure, avviata a trasformarsi in un ravvedimento operoso per i capitali all'estero, possa progressivamente prendere le sembianze di un condono.

Se l'esigenza primaria è fare cassa, la pesantezza del pagamento dell'imposta, seppur rateizzato, potrebbe dissuadere i contribuenti eventualmente interessati. E anche se il governo si affanna a dire: «Condoni mai», la storia potrebbe essere un'altra.

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