Renzi ha abbattuto il monolite della sinistra

I risultati delle primarie Pd sono quelli ormai no­ti. Serve ragionare del ballot­taggio che si svolgerà la prossi­ma settimana

Renzi ha abbattuto il monolite della sinistra

Zerovirgola più o meno, i risultati delle primarie Pd sono quelli ormai no­ti, e non di questo merita parla­re. Serve ragionare del ballot­taggio che si svolgerà la prossi­ma settimana. Ovvio che Mat­teo Renzi confidi nel secondo turno. Benché parta in svantaggio, tutto è possibile, spe­cialmente in politica, molto simile alla maionese: di tanto in tanto impazzisce. Tuttavia,se conta ancora un po’ di espe­rienza, sarà difficile per il sindaco di Fi­renze ribaltare la situazione: non per­ché non ne abbia la capacità, ma perché il bottino di Nichi Vendola, almeno sul­la carta, è destinato ad arricchire il car­niere di Pier Luigi Bersani, in quanto tra questi e il governatore della Regione Pu­glia vi sono affinità ideali, se non ideolo­giche, abbastanza evidenti.

Oddio, gli elettori sono molto più umo­rali e volubili dei dirigenti di partito, per cui è lecito aspettarsi delle sorprese. Ma in questo caso escluderei che un even­tuale recupero di Renzi avvenga in misu­ra tale da scalzare il segretario. Il quale, non dimentichiamo, già si è avvalso e an­cora si avvarrà, domenica ventura, del massiccio appoggio dell’apparato di partito, cioè colonnelli e caporali, in gra­do di influenzare il voto.

Tra l’altro, il cosiddetto rottamatore ha compiuto un miracolo: pochi o nessu­no lo accreditavano di tanta forza per­suasiva e, invece, egli ha addirittura «se­dotto » i compagni duri e puri delle zone più rosse dell’Italia. Al punto che, a pre­scindere dall’esito del ballottaggio, Ren­zi è da considerarsi il vincitore morale di queste primarie, che hanno dato la stu­ra a una quantità di retorica stucchevole al netto della quale, però, sono state un esercizio democratico non banale, de­gno di essere ripetuto non soltanto nel Pd.

La chiamata alle urne per la scelta del candidato premier del centrosinistra ha mobilitato un numero impressionante di persone, nonostante il clima impro­priamente definito antipolitico. Per­ché? Il giovin sindaco ha acceso la mic­cia della passione popolare con un lin­guaggio fresco, diretto, assai lontano da­gli stereotipi ancora in voga tra gli ex co­munisti alla Bersani, e con proposte di­sincantate, improntate a moderato otti­mismo e lanciate senza tradire pregiudi­zi, spocchia, complessi di superiorità. Uno stile, il suo, piaciuto anche a tanta gente di centrodestra fino a spingere qualcuno a sbilanciarsi: quasi quasi alle prossime consultazioni voto Renzi.

Questa, in fondo, è l’unica rivoluzio­ne registrata nel nostro Paese dalle origi­ni della Repubblica: è la prima volta che un uomo dichiaratamente di sinistra è accettato, se non benvoluto, dalla mag­gioranza (non esagero) dei cittadini. Non solo. È anche la prima volta che nel partito erede del Pci si crea una sorta di dicotomia: due dirigenti dello stesso se­me che si affrontano apertamente per conquistare la leadership.

Non importa se domenica prossima prevarrà il tradizionalista Bersani: pese­rà il fatto che è stato infranto l’unanimi­smo, il monolitismo dei progressisti.

In futuro il Pd avrà ufficialmente due ani­me, e il fenomeno non sarà da sottovalu­tare: ci auguriamo sia contagioso, e che anche il centrodestra, imparata la lezio­ne, si dia una connotazione meno rigi­da, soprattutto sia più disponibile alla dialettica interna, andando oltre la fase carismatica che ha caratterizzato- inevi­tabilmente- Forza Italia e il Popolo della libertà, dove la revisione degli schemi comunque è iniziata e non sarà un gio­chetto arrestarla. Un bene o un male? Non si può sape­re. Ma si sa che il mondo muta e con esso la politica. Sperèm.

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