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A Renzi il primo round, ma i capibastone resistonoil retroscena »

Roma Nel day after della Leopolda, a Roma gli avversari di Matteo Renzi prendono atto di un successo (16mila ingressi registrati) che ha del clamoroso in un'Italia schifata dalla politica, e cercano di contrastare la dirompente ondata fiorentina come possono. Gianni Cuperlo attacca il sindaco cercando di rianimare il patriottismo della Ditta e la sua allergia alla leadership, la paura dell'uomo solo al comando: «Non ho capito il modello di partito che ha in testa Renzi, perché vedo una persona sola protagonista che non racconta come deve essere il partito». Gli risponde Antonio Funiciello, responsabile Cultura del Pd e uno dei responsabili della campagna congressuale renziana: non serve cercare lontano per capire che cosa sarà il Pd di Renzi, basta guardare a quel che già c'è: «La Leopolda è un abbozzo della forma partito, e leopoldizzare il Pd è, in fondo, la missione del prossimo congresso. Vuol dire snellire le nostre pratiche interne, promuovere discussioni che vivano della ricchezza delle diverse posizioni, ma si concludano con una decisione».
E che quel che si è visto lo scorso fine settimana a Firenze sia un fenomeno tutto nuovo lo testimonia lo stupore di tanti neofiti che si aggiravano ipnotizzati per la Leopolda. «In decenni di vita di partito non ho mai visto una partecipazione così», assicurava Nicola Latorre. «Qui c'è un'energia che non si respira da nessun'altra parte», confidava Gennaro Migliore di Sel.
Per «leopoldizzare il Pd» e ricostruire attorno al nuovo leader un partito pesante ma fragile e squassato dalle divisioni interne ci vorrà tempo, e anche a questo pensa Renzi nell'offrire a Enrico Letta il suo patto: il governo vada avanti fino al semestre europeo, e il «suo» Partito democratico lo sosterrà senza smettere di incalzarlo sulle cose da fare. «La Leopolda è stata un'occasione bellissima. Ora però la vera sfida è quella di fare le cose, non di chiacchierare», dice il sindaco di Firenze.
La guerra, che a Roma sembra già vinta, infuria invece sanguinosa in periferia. I congressi provinciali del Pd stanno diventando l'ultima trincea per apparati e capibastone locali che non vogliono perdere il potere nei territori, e le stesse file dei renziani, prepotentemente infiltrate da convertiti dell'ultima ora (ex franceschiniani, ex dalemiani, ex bersaniani eccetera), rischiano di cedere sotto l'urto. A Milano, con il giovane Pietro Bussolati, e a Palermo con Carmelo Miceli Renzi è riuscito a mettere a segno due colpi nel segno del rinnovamento.

Ma rischiano di restare due eccezioni in un caos di ricorsi, truppe cammellate, pacchetti di tessere e sospetti di brogli.

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