In televisione, sui giornali, nei comizi, su internet, non parliamo dei social network come Twitter e Facebook dove conta centinaia di migliaia di follower e «mi piace». I fiorentini lo vedono dappertutto, il loro sindaco. La camicia bianca spara, il ciuffo nero attizza, la lingua sciolta conquista. Lo vedono dappertutto Matteo Renzi, tranne dove vorrebbero fosse: a Palazzo Vecchio, a fare il su' mestiere. Il sindaco.
Matteo Renzi è un assenteista. In tempi di disoccupazione galoppante non è una bella cosa. Lavorasse in un'azienda in crisi, uno che marca visita con la frequenza con cui il primo cittadino di Firenze salta i consigli comunali sarebbe sull'orlo del licenziamento. Il Rottamatore no, lui resiste, teorizza che è giusto così. «Il presidente del Consiglio non va sempre in Parlamento, ci vanno i ministri», ha sbracato a fine giugno quando è scoppiata una polemica sulla disinvoltura con cui egli ignora il consiglio comunale.
Il paragone non è stato scelto a caso: Palazzo Vecchio come Palazzo Chigi. Renzi si vede già presidente del Consiglio e da subito avverte che nemmeno da capo del governo si farà troppo vedere nelle sedi istituzionali. Matteo sindaco si proietta già altrove, secondo la sua abitudine. Da presidente della Provincia pensava al comune; da sindaco prepara la strada verso la guida del partito o del governo, magari entrambe. Nell'incessante crescendo di una sfrenata ambizione, Renzi è già a Roma, e poi in Europa, nel mondo, forse nello spazio. Ogni poltrona è un trampolino di lancio.
Intanto Firenze freme, e lui giustifica il vuoto lasciato nelle sedi della rappresentanza democratica: «Preferirei consiglieri comunali che vanno nelle periferie a guardare le buche o comunque i problemi, invece di stare in commissioni spesso inutili e autoreferenziali». E allora chiudiamoli, questi consigli comunali noiosi e sterili, che si risparmia pure sui gettoni di presenza. È un messaggio da rilanciare: secondo Renzi il vero modo di lavorare è non andare a lavorare. Ascoltare le minoranze? Una perdita di tempo. Votare le delibere? «In consiglio comunale io ci vado solo quando ci sono cose importanti, non vado a perdere un pomeriggio solo per schiacciare un bottone».
Il tassatore mascherato è anche il sindaco più errante. Il più assenteista tra i primi cittadini delle metropoli italiane. Tutti di sinistra, peraltro. Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha partecipato a 66 consigli comunali su 86 nel 2012 e a 17 su 22 nei primi sei mesi del 2013: tre su quattro, percentuale dignitosa. Piero Fassino a Torino ha fatto di meglio: 47 consigli su 56 nel 2012 e 18 su 20 nel 2013, siamo tra l'80 e il 90%. Tanto di cappello. Luigi de Magistris a Napoli non annovera tra le tante lacune quella del disimpegno: da gennaio 2012 a giugno 2013 ha marinato soltanto due volte su 51 sedute del consiglio comunale. Anche Marco Doria a Genova mantiene una tabella di marcia pressoché irreprensibile, almeno quanto alle presenze in consiglio: 25 su 27 nel 2012 e tutti i cartellini timbrati in questo 2013.
E Renzi? Tra le sgroppate in camper, le corsette e le maratone, i comizi nelle feste di partito, le comparsate nei talk show, l'incalcolabile numero di interviste, quanto tempo ha dedicato il sindaco di Firenze per partecipare alle assemblee del parlamentino cittadino eletto con lui? Nel 2012 il suo nome compare tra i presenti soltanto in 8 delle 45 riunioni. Una ogni sei. Un po' meglio è andata nella prima parte del 2013, quando evidentemente il Rottamatore si è sentito gli occhi addosso: 7 su 17, quattro su 10. Gabriele Toccafondi, coordinatore fiorentino del Pdl e sottosegretario all'Istruzione, ha conteggiato oltre 90 assenze di Renzi in 150 consigli comunali nei primi tre anni e mezzo di mandato: «E quando è presente, in media il sindaco staziona in consiglio per qualche minuto», chiosa Toccafondi.
I fiorentini, gente disincantata, gli hanno ormai preso le misure. Il primo anno l'avevano eletto miglior sindaco d'Italia, secondo la classifica del Sole24Ore. Ora è precipitato al 61° posto. Nemmeno questo tracollo ha indotto Renzi a invertire la rotta. «Il consiglio comunale si riunisce ogni lunedì: troppo», questo il lapidario orientamento di vita amministrativa di Matteo Renzi. «Ma per ogni seduta c'è un gettone di presenza e allora si fanno discussioni sul niente». Perfino i suoi compagni di partito si sono indispettiti: «Se non si fosse ancora capito quale considerazione abbia il sindaco Renzi per le istituzioni democratiche - ha tuonato la democratica Ornella De Zordo - le sue dichiarazioni sui lavori e sul ruolo del consiglio chiariscono bene la cosa».
Insomma, per Renzi il consiglio comunale - a partire dalla maggioranza pd - è una manica di sfaccendati preoccupati di intascare quattro soldi. E così il sindaco fece forca nel consiglio che ricordava i 46 anni dall'alluvione del 1966 e le sue 34 vittime, né si vide quando fu intitolata una strada cittadina a Oriana Fallaci.
Se la cavò mandando un autista del comune sulla tomba con un mazzo di fiori. Fosse ancora tra noi, la scrittrice fiorentina lo liquiderebbe con il titolo del libro che raccoglie il diario di guerra dal Vietnam: Niente e così sia.(2. Continua)
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