dal nostro inviato a Firenze
«Qui da noi», ti spiegano, «la Fiorentina non è una squadra, è una religione, una fede integralista», l'unica veramente trasversale sulle rive dell'Arno, dalla sinistra più comunista alla destra ex missina. Un formidabile strumento di consenso popolare, anche fuori Firenze, se lo si cavalca bene. E in queste cose Matteo Renzi è abilissimo. La sua trasformazione in ultras sempre presente allo stadio Franchi (ma compare anche in trasferta, Torino, Genova), a volte con maglia viola, in tribuna a fianco di Diego Della Valle o del fratello Andrea, proprietari del club, è ormai parte integrante dell'immagine pop renziana.
L'identificazione del sindaco con la squadra, grande strumento di autopromozione, è totale. «Jovetic alla Juventus? Calmi, è prematuro», spiegò Renzi, come fosse lui il presidente della Fiorentina. Una passione non certo inventata ad hoc da Renzi, che è da sempre tifoso (prima però si vedeva meno allo stadio), ex arbitro e giocatore per diletto, naturalmente nel ruolo di regista («piedi buoni, però si sopravvaluta come giocatore» dicono di lui), maglia numero 10, nella squadretta dei consiglieri comunali o nelle partite del cuore contro la Nazionale cantanti. Il nazional-popolare che fa breccia sull'elettorato medio italiano, diviso tra telecomando e campionato.
L'unità politico-calcistica tra giunta renziana e viola si realizza anche per altre vie. Gli endorsement per il sindaco da parte della squadra, a partire dall'ex allenatore Prandelli, che da ct degli Azzurri fece poi un megaspot a Renzi: «Seguo con interesse Renzi: è uno che guarda al di là delle ideologie». Assist, colpo di testa, gol. Alla Leopolda, ad ascoltare il «Big bang» di Renzi c'era anche il portiere della Fiorentina, Emiliano Viviano. Mancava Pep Guardiola, allenatore superstar di Barcellona e Bayern, che Renzi ha corteggiato per farne un altro sponsor mediatico della sua scalata politica. Operazione riuscita, con pranzo insieme a Firenze e sms di ringraziamento per l'acquisto di Mario Gomez, come fosse dipeso da Renzi.
L'osmosi è tale che due consiglieri comunali del Pd renziano, Eugenio Giani (pure presidente del Consiglio comunale) e poi l'ex vicesindaco Dario Nardella, ora deputato, sono stati nominati nel 2011 nel Cda della Fiorentina calcio (però «si asterranno nelle decisioni più importanti per evitare possibili conflitti»). «Una presenza inopportuna, lo diciamo da anni», commenta Gabriele Toccafondi, sottosegretario all'Istruzione e coordinatore Pdl a Firenze.
In consiglio i due renziani votavano le delibere urbanistiche, e poi andavano a discuterle come consiglieri della Fiorentina, a cui il Comune affitta lo stadio. A che cifra? 950mila euro l'anno, compresi i «campini» (i campetti oltre quello ufficiale) e la facoltà di affittarlo per eventi. Cioè se arriva Bruce Springsteen o gli U2 per un concerto allo stadio, pagano l'affitto a Della Valle, non al Comune. «Un ottimo trattamento», dicono da Palazzo Vecchio, che però bilancia il generoso impegno dei Della Valle verso la squadra, fallita nel 2002 e salvata da Mr. Tod's.
Della Valle, appunto. Il ritrovato feeling, sul filo del colore viola, tra Renzi e l'imprenditore marchigiano, azionista del Corriere, ruota anche attorno ad un investimento che Della Valle progetta da anni, ma che è fermo. Quello del nuovo stadio, la famosa «Cittadella Viola», che doveva sorgere sui terreni di Fondiaria-Sai, finiti poi sotto sequestro dopo l'inchiesta su Ligresti. Della Valle non ha cambiato idea, Renzi ha rilanciato offrendo - con un bando - un'area vicina, ma più piccola, quella dell'ex Mercafir. La pratica è complessa, ma il dialogo è ripreso. Come la sintonia (altalenante) tra Renzi e Mr. Tod's anche su altri fronti.
Dopo il flop dell'area Monti-Montezemolo, Della Valle ha puntato su Renzi: «Mi piace molto, lo conosco bene, è l'identikit della nuova politica». Mettici che entrambi hanno litigato con Marchionne, e su banche, imprese e Rcs i due «rottamatori» hanno idee comuni. Da discutere magari in tribuna, nell'intervallo di una partita.(8.Continua)
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